Operai Fca consegnano lettera a Mattarella

Una lettera al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. E' quanto fatto dai cinque operai della Fiat, ora Fca, pagati dall’azienda ogni mese da quando il Tribunale, a settembre 2016, ha dichiarato illegittimo il loro licenziamento.

Stipendiati per non lavorare

Domenico Mignano, Marco Cusano, Antonio Montella, Massimo Napolitano, Roberto Fabbricatore però non sono mai stati reintegrati sul posto di lavoro dall'azienda del Ceo Sergio Marchionne. I cinque metalmeccanici vengono retribuiti a stipendio pieno per starsene a casa. Ma loro non ci stanno: “Siamo operai, vogliamo tornare in fabbrica”, denunciano su Il Fatto Quotidiano. Per tale motivo oggi si sono recati al Quirinale per consegnare una lettera a Sergio Mattarella.

La lettera

Ecco il testo completo della missiva. 

 “Caro Presidente, siamo cinque operai della Fca di Pomigliano. Abbiamo subito licenziamenti per la nostra attività sindacale sempre in difesa dei diritti degli operai. Siamo stati ufficialmente reintegrati nel posto di lavoro con la sentenza del tribunale d’Appello di Napoli del 20/09/2016. La Fca ha continuato, però, a tenerci fuori. Noi, caro Presidente, ci rivolgiamo a Voi per denunciare l’ennesimo sopruso che la Fca sta compiendo nei nostri confronti, ma anche nei confronti di tutti i nostri compagni che, per paura delle conseguenze che noi abbiamo patito, hanno timore di far valere le loro ragioni”.

Satira libera

I cinque erano stati allontanati dopo che avevano inscenato – satiricamente – il suicidio dell'Ad Sergio Marchionne come protesta dei tre suicidi – questa volta reali – accaduti tra gli operai nei mesi precedenti. Avevano costruito un manichino con le sembianze del Ceo Fca e l'avevano fatto penzolare davanti alla sede della Rai. Non contenti, avevano anche scritto una fantomatica lettera d’addio nella quale Marchionne, in preda al rimorso, chiedeva che i 316 operai spostati a Nola tornassero nella sede di Pomigliano. Scenetta poco gradita dai vertici Fca che avevano licenziato i 5 operai.

Ma il giudice d'appello aveva dato loro ragione: “Il monito rivolto ai successori dell’attuale amministratore delegato Sergio Marchionne, di non pensare solo al profitto ma anche al benessere dei lavoratori rappresenta a parere della corte una legittima manifestazione del diritto di critica”, si legge nella sentenza. “La rappresentazione scenica realizzata, per quanto macabra, forte aspra e sarcastica, non ha travalicato i limiti di continenza del diritto di svolgere valutazioni critiche dell’operato altrui, quindi anche del datore di lavoro”. Ora il nuovo atto, con la missiva a Mattarella.