La situazione dell’economia italiana peggiora sempre di più: dopo 7 anni di crisi, le regioni meridionali e insulari vivono in una condizione di pesante disagio. Queste zone del Paese sono le più a rischio indigenza d’Europa, ma dal Lazio alla Liguria l’allarme riguarda anche aree fino a pochi anni fa considerate benestanti: a rilevarlo è una ricerca condotta dal Centro studi della Cna.
Secondo i dati della Cna sulla base delle rilevazioni Eurostat, infatti, sono 17,3 milioni gli italiani in condizioni di disagio economico e a rischio di esclusione sociale: più di Germania (16,2 mln), Regno Unito (15,6 mln), Spagna (12,6 mln) e Francia (11,2 mln), per limitarsi ai maggiori Paesi europei.
In termini assoluti, tra i principali Stati dell’Ue, l’Italia e’ seguita da Regno Unito (+1,52 mln), Spagna (+1,51 mln) e Francia (+0,08 mln). In termini relativi, da Spagna (+13,5%), Regno Unito (+10,8%) e Francia (+0,7%). A impressionare maggiormente è l’ampiezza del disagio sociale raggiunta nelle regioni del Sud: in Sicilia riguarda ormai oltre il 55% della popolazione e supera il 40% dappertutto, tranne in Sardegna (31,7%) e in Abruzzo (26,2%).
Rispetto alle economie più avanzate della Ue, ai concorrenti diretti del nostro Paese e all’Eurozona (23% di popolazione a rischio povertà), anche Lazio (26,6%), Liguria (24,5%), Marche e Umbria (23,3%) appaiono in situazione critica, mentre i valori di Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Piemonte, non sono dissimili dalla media dei Paesi nordici.
Non migliora la valutazione del rischio povertà in termini percentuali: nel nostro Paese riguarda il 28,4% della popolazione, contro una media dell’Unione europea a 28 Stati pari al 24,5%, con Spagna al 27,3%, Regno Unito al 24,8%, Germania al 20,3% e Francia al 18,1%. Peggio dell’Italia, nella Ue, sta solo la Grecia, dove i poveri o quasi-poveri sono il 35,7% del Paese.
Il numero degli italiani il cui tenore di vita è sceso sotto la soglia di povertà, dal 2008, è cresciuto di 2,23 mln (+14,7%): persone cioè che vivono in famiglie con un reddito inferiore al 60% di quello medio, trasferimenti sociali inclusi. Dati che pongono un terzo del Paese al livello delle regioni piu’ povere di Bulgaria, Grecia, Ungheria.
Tutto ciò fa aumentare i fenomeni di migrazione interna: nel solo 2013 sono stati 133 mila i meridionali che si sono spostati nel resto dell’Italia, spesso per attivare o proseguire iniziative imprenditoriali. Fare impresa nel merifione, infatti, è sempre piu’ difficile e soprattutto meno redditizio.