La Cassazione boccia i matrimoni omosessuali

La Cassazione ha bocciato i matrimoni omosessuali. Secondo la suprema Corte nel “nostro sistema giuridico di diritto positivo il matrimonio tra persone dello stesso sesso è inidoneo a produrre effetti perché non previsto tra le ipotesi legislative di unione coniugale”. E’ il contenuto della sentenza della prima sezione civile del giudice di piazza Cavour che ha rigettato il ricorso presentato da una coppia contro il diniego di pubblicazioni delle nozze, da parte dell’ufficiale di stato civile.

La questione relativa alla legittimità e conformità costituzionale del diniego di procedere alle pubblicazioni matrimoniali relative a un’unione tra due persone dello stesso sesso “è identica”, secondo la Cassazione, a una pronuncia emessa dalla Corte Costituzionale nel 2010. Sulla scorta di quel verdetto e della decisione pronunciata lo scorso anno dalla Consulta in merito alla rettificazione di sesso e al conseguente annullamento delle nozze celebrate in precedenza, il giudice di ultima istanza spiega :”deve escludersi che la mancata estensione del modello matrimoniale alle unioni tra persone dello stesso sesso determini una lesione dei parametri integrati della dignità umana e dell’uguaglianza, i quali assumono pari rilievo nelle situazioni individuali e nelle situazioni relazionali rientranti nelle formazioni sociali costituzionalmente protette” dagli articoli 2 e 3 della Costituzione.

Il “nucleo affettivo-relazionale che caratterizza l’unione omo-affettiva – si legge –  riceve un diretto riconoscimento costituzionale” dall’articolo 2 della Costituzione (inerente i diritti inviolabili dell’uomo) e “mediante il processo di adeguamento e di equiparazione imposto dal rilievo costituzionale dei diritti in discussione può acquisire un grado di protezione e tutela equiparabile a quello matrimoniale in tutte le situazioni nelle quali la mancanza di una disciplina legislativa determina una lesione di diritti fondamentali scaturenti dalla relazione in questione”. Nello stesso tempo la Corte ha ricordato la “legittimità costituzionale e convenzionale” di eventuali patti di convivenza, diversi dal matrimonio.