Il Senato approva la fiducia

Centosettantuno voti favorevoli, 117 contrari e 25 astenuti: numeri che confermano i segnali positivi della vigilia e che garantiscono al governo Conte il “sì” alla fiducia del Senato della Repubblica, laddove la maggioranza richiesta prevedeva 145 voti e quella assoluta 161: un margine di dieci voti piuttosto rassicurante per il premier dell'esecutivo a marca Lega-M5s. I pronostici, per quanto riguardo i votanti, sono stati sostanzialmente rispettati: 58 voti favorevoli della Lega e 109 del Movimento 5 stelle, con l'aggiunta dei 2 voti (già previsti) dei senatori eletti all’estero del Maie, Ricardo Antonio Merlo e Adriano Cario, oltre ai 2 favorevoli concessi dagli ex grillini Maurizio Buccarella e Carlo Martelli, espulsi dal M5S per lo scandalo rimborsopoli. Anche sul piano di astenuti-contrari nessuna sorpresa: astensione per Fratelli d'Italia, “no” di Forza Italia e Partito democratico, così come da parte di Liberi e uguali. Per quanto riguarda il Gruppo delle Autonomie, formato da 8 componenti, due di loro (Casini e Bressa) hanno votato “no”,  mentre la senatrice a vita Elena Cattaneo si è astenuta insieme ad altri 5 rappresentanti. Astensione anche per Liliana Segre.

Forza Italia critica

Il Governo Conte, incassata la fiducia del Senato, è atteso dal secondo round, stavolta alla Camera, nella giornata di domani. A ogni modo, a Montecitorio i numeri sono decisamente a favore dell'esecutivo, ancor più che a Palazzo Madama, dove la forbice (come previsto) è sostanziale ma ristretta. Particolarmente critica, nei confronti del nuovo governo, l'ala di Forza Italia, per la quale ha parlato in aula la capogruppo Anna Maria Bernini: “Siamo chiamati a pronunciarci su un governo che è la maschera di tante contraddizioni. Nel programma che oggi ci ha illustrato (il premier Conte, ndr) è indicato il cosa ma non il quando né tantomeno il come. E non sia mai con quali soldi. Impegni verbali, slogan, a fronte di nessun impegno di bilancio”. Ma non solo: “Che cosa farete quando dovrete scegliere tra una visione di crescita liberale e un'altra di decrescita, la visione regressiva e immobilista che ha indotto il M5s a dire no alla Tav, alla Tap, a investimenti infrastrutturali di cui l'italia che vuole crescere ha disperatamente bisogno?”.