Il Presidente Napolitano depone sulla trattativa Stato-mafia

Oggi nella sala del Bronzino il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano depone, dinanzi alla Corte d’Assise di Palermo, quale testimone sulla presunta trattativa Stato-mafia. La Corte ha tenuto a precisare nei giorni scorsi che l’incontro con il capo dello Stato è subordinato alla disponibilità del presidente, il quale potrebbe revocarla in qualsiasi momento. L’udienza si terrà a partire dalle ore 10. L’accesso delle parti dovrà avvenire “inderogabilmente” tra le 9.15 e le 9.40. Telefoni cellulari, computer, tablet e ogni altro strumento di registrazione non saranno ammessi in aula, ma la deposizione verrà comunque registrata e trascritta per essere messa a disposizione della Corte. All’udienza parteciperanno circa quaranta persone tra giudici (togati e popolari) cinque Pm e gli avvocati delle sette parti civili e dei dieci imputati non ammessi dalla Corte a partecipare. Anche la stampa non sarà in aula.

I quattro pubblici ministeri che rappresentano l’accusa nel processo sono il procuratore aggiunto Vittorio Teresi e i sostituti Nino Di Matteo, Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia. I magistrati hanno definito l’elenco di domande da porre al presidente riguardanti i timori espressigli dal suo ex consigliere giuridico Loris D’Ambrosio, poi morto, su episodi accaduti tra il 1989 e il 1993 e riconducibili, secondo i magistrati, proprio alla trattativa Stato-mafia.
Di particolare interesse per i Pm palermitani è il passaggio in cui D’Ambrosio, riferendosi al periodo 1989-1993, scrive rivolgendosi al capo dello Stato: “Lei sa che non ho esitato a fare cenno a episodi del periodo 1989-1993 che mi preoccupano e mi fanno riflettere; che mi hanno portato a enucleare ipotesi – solo ipotesi – di cui ho detto anche ad altri, quasi preso anche dal vivo timore di essere stato allora solo un ingenuo e utile scriba di cose utili a fungere da scudo per indicibili accordi”.

Il capo dello Stato, nello scorso novembre, aveva già inviato una lettera al presidente della Corte nella quale diceva di non avere “da riferire alcuna conoscenza utile al processo”. L’oggetto delle ipotetiche trattative Stato-mafia riguarderebbe la fine della stagione stragista – durante la quale persero la vita Salvo Lima, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Ignazio Salvo ed altri – in cambio dell’attenuazione delle misure detentive del “carcere duro” previste dall’articolo 41 bis, contro i reati di mafia.