“Così gli italiani finiscono in mano agli strozzini”

L’usura è una morsa che affligge le famiglie, stravolge la vita di migliaia di persone, l’attività delle aziende, la sicurezza dei posti di lavoro. Le sue conseguenze sono sono devastanti. Da anni la Consulta nazionale antiusura “Giovanni Paolo II”, ascolta il grido di dolore di quanti finiscono tra le grinfie degli strozzini. Ce ne parla il prof. Maurizio Fiasco, sociologo e consulente della Consulta, che combatte una battaglia quotidiana al fianco delle famiglie colpite da questa immensa piaga sociale

Prof. Fiasco, circa un milione e 200 mila famiglie si trovano in una situazione di totale di fallimento economico. È un dato tragicamente allarmante…

“Partiamo dalla nozione, forse un po’ arida, di fallimento economico familiare inteso in senso tecnico-giuridico. Cioè dal sovraindebitamento: una spirale di obblighi a restituire denaro dalla quale non si esce. Riguarda, secondo Bankitalia,circa un milione e duecentomila famiglie, molte delle quali provenienti dal ceto medio o dal lavoro dipendente. Il sovraindebitamento va distinto da un generico stato di povertà o da una posizione statica. Purtroppo, in forza di uno squilibrio irreparabile tra il reddito a disposizione e i debiti che lievitano senza sosta, quel che accade alle persone si evolve, divorando l’amor proprio e le stesse relazioni familiari. Si scatenano spesso azioni autolesionistiche, fino al passo estremo dei suicidi per “ragioni economiche”. Di fronte a tutto questo, le istituzioni italiane hanno pervicacemente negato la dignità della condizione di sovraindebitamento, evitando di adottare misure ragionevoli per porvi rimedio. Cioè conferire priorità al bene delle persone e della società intera. Però, obtorto collo, nel gennaio 2012 è stata approvata una legge, la numero 3, per 'comporre le crisi da sovraindebitamento'. Il provvedimento avrebbe dovuto “allineare” l’Italia a ciò che esiste nella maggioranza dei Paesi Ue attraverso una procedura che offre una via d’uscita dal fallimento familiare, e quindi aiuta la reintegrazione sociale di tante persone. Nei fatti – per l’appunto, di malavoglia – Parlamento e governo hanno licenziato un testo mal scritto e contraddittorio, in sostanza quasi inapplicabile”.

Questo disagio spesso non è denunciato, è un danno?

“Gratta gratta, permane l'immagine del debitore 'vizioso', esclusivo colpevole della condizione nella quale è precipitato. E’ ovvio che nel fallimento economico della famiglia vi siano responsabilità personali. Ma con lo stigma si nasconde l’esistenza di un vasto e aggressivo sistema che approfitta delle difficoltà individuali. Difficoltà che potrebbero essere solo temporanee, ma che grazie a un business basate sulla sofferenza delle persone, si trasformano in permanenti. Famiglie in angoscia per debiti e famiglie povere (e perciò spesso senza debiti), in ciò accomunate, sono il target (l’obiettivo commerciale) di questo sistema. Un esempio vistoso? Guardiamoci in giro, quando passiamo pochi metri da una sala slot machine o da una ricevitoria di scommesse. Oppure quando leggiamo gli pseudo contratti di finanziamento per un bene di consumo che nascondono invece un’erogazione di denaro liquido a tassi d’interesse altissimi. Potremmo completare l’elenco dei casi, ma ci vorrebbero ore per arrivare a dire tutto…”

Essere usurati o esserlo stati stigmatizza?

“E’ un luogo comune, un topos,classico. Da Jeremy Bentham, che nel 1788 pubblicò a Londra Defence of Usury, le argomentazioni sono pressoché invariate. Si dice 'La persona 'sotto usura' se l’è cercata con condotte temerarie. E comunque accettare quelle condizioni insostenibili era per lui meno doloroso che non contrarre debiti'.  Certamente vi è la responsabilità del singolo, ma non di meno il centro dell’attenzione deve essere la pratica di offerta di denaro o di 'altra utilità' a condizioni illegali o comunque inaccettabili: con una sequenza di pressioni che fanno smarrire alla persona la cognizione di quel che avviene e dell’esito che avrà”.

Quante sono le famiglie che sono in mano agli usurai, è possibile una stima?

“Famiglie e imprese familiari, oppure aziende dove il patrimonio della famiglia coincide con quello dell’attività economica, entrambe escluse sia dal mercato legale del credito e sia dalle politiche di sostegno alla ripresa produttiva e all’occupazione. Molti hanno sottoscritto contratti di credito o finanziamento, oppure di titoli (obbligazioni, derivati, pseudoassicurazioni ecc.). Nel tentativo di pervenire all’ultimo atto di una sequenza di debiti, hanno incontrato gli usurai veri e propri o patti usurari mascherati. Dalla lettura di indicatori indiretti, si possono stimare in circa 600 mila le famiglie e almeno mezzo milione le unità economiche. Parliamo naturalmente di debiti contratti solo in parte in esplicita violazione della legge antiusura, ma più spesso 'vestiti' da condizioni formalmente registrate, al limite del reato. Perciò molto più difficili da rilevare e perseguire”.

Quanta responsabilità ha la pubblicità consumistica?

“Molta, ma la principale colpa è quella di spingere la persona in difficoltà a rovesciare l’ordine d’importanza delle scelte di spesa da praticare. L’indebitato (uomo o donna che sia) acquisterà il superfluo, dilapiderà le proprie scarse risorse in acquisti facilitati, accessibili. Invece di partire dai beni fondamentali per l’esistenza, e semmai reclamare attivamente per ottenere quelli mancanti. Mi spiego: non pagherà il canone d’affitto dell’abitazione, le utenze domestiche, le riparazioni dell’autovettura, non si sottoporrà a cure mediche e trascurerà i figli. Perché? Per la condizione di pena e mortificazione che patisce nell’isolamento, che gli stravolge la cognizione del futuro. La pubblicità consumista è al contrario 'consolatoria', proietta nell’irrealtà, mette in scena quadretti di vita idilliaci, trasforma quell’inutile oggetto in viatico di estraneazione, di consolazione. Prendiamo la telefonia mobile: ha perso il suo impiego funzionale, per acquisire una violentissima valenza simbolica, alienante. Andate in uno sportello dei vari gestori nei quartieri e osservate la povera gente che fa la fila, che passa ore negoziando con l’addetto alla vendita, che rimira l’ultimo terminale… Un feticcio, che vale a far scendere il velo sulla propria miseria. Infine, il gioco d’azzardo promosso dallo Stato. I primi bilanci per il 2017 indicano un’ulteriore crescita sull’anno precedente: da 96 a 102 miliardi di Euro. La maggior parte prelevati dalle famiglie. Attratte sia dal refrain 'All’improvviso tutto può cambiare' (con la vincita) e sia (ancor più) con la funzione di stordimento, di sedazione e di oblio che producono le slot machine, le lotterie, le scommesse seriali…”

È solo la criminalità organizzata a praticare l’usura o ci sono altri soggetti?

No, ci sono molti altri soggetti. Nel 1996, approfondendo lo studio del fenomeno, proposi un modello esplicativo che descrive ben 'nove segmenti' di tale pratica. Li riassumo per titoli, per indicare che si tratta di un assieme sistematico che connota la pratica del vendere denaro illegalmente. Eccoli: usura di vicinato, usura di quartiere, usura di fornitori di merci all’ingrosso, usura di gruppo nei luoghi di lavoro, usura tra esercenti commerciali, usura delle associazioni per delinquere, usura delle organizzazioni mafiose, usura sugli immigrati e usura sui giocatori d'azzardo. L'ultima forma riguarda tanto i frequentatori dei casinò quanto (e soprattutto) la popolazione che scommette e gioca nelle bische (legali) alla luce del sole e capillarmente diffuse nelle città italiane”. 

C’è collaborazione tra la Consulta Antiusura e lo Stato?

“Sì, con profonda convinzione da parte della Direzione Antiriciclaggio del Ministero dell’Economia, come anche dal Commissario governativo Antiracket e Antiusura”.

Cosa manca, dunque?

“La continuità. Il fondo di prevenzione dell’usura, ogni anno, vive nell’incertezza di non essere alimentato nelle successive leggi di bilancio. In pratica, si omette l’adempimento governativo e ci si 'dimentica' di inserire nella Legge di Stabilità la copertura. Finora, grazie alla buona volontà dei funzionari, la Consulta Antiusura è riuscita a superare mille difficoltà e a proseguire nel suo impegno di assistenza. Ma l’incertezza pesa, eccome. Si potrebbe invece fare un balzo in avanti e estendere (a costi invariati per lo Stato!) il numero delle famiglie da riportare in bonis. L’incertezza lo impedisce”. .

È possibile riuscire ad ammorbidire la posizione delle banche nei confronti degli imprenditori usurati?

“La Consulta Antiusura si occupa principalmente delle famiglie. Però, per analogia, si può paragonare quanto accade alle persone fisiche con le vicende delle imprese. Oggi è intervenuto lo sciagurato provvedimento che ha spinto le banche a cedere i crediti 'deteriorati' a fondi speculativi. Questi ultimi procedono con metodi aggressivi, come cavallette, a rivalersi sui debitori. Ma la banca si è chiamata fuori. Per le Fondazioni antiusura questo si traduce in maggiori resistenze delle banche a collaborare al ritorno in bonis delle famiglie”.

Il fenomeno è in espansione in tutto il paese o ci sono aree più aggredite?

“Con dieci anni di crisi finanziaria e poi economica alle spalle – recessione, quindi stagnazione e lentissima ripresa – è ovvio che il mercato potenziale dell’usura si è espanso e di molto, raggiungendo le province del triangolo industriale (dove hanno chiuso grandi, medie e piccole aziende: meno 25 per cento di produzione da tali settori produttivi, dal 2007) le località rurali del sud, le famiglie povere del Mezzogiorno d’Italia. Possiamo affermare che l’usura è presente ovunque, ma con caratteristiche prevalenti diverse. Prestito di sussistenza al Sud, finanziamento leonino alle imprese del Nord che cercano di evitare il fallimento”.

Come si potrebbe prevenire?

“Intanto inserendo il problema nelle priorità generali del Paese, cioè nella decisione “macro” della politica economica di governo e Parlamento”.

Cosa significa, in pratica?

“Che si crei un ventaglio di misure per accompagnare imprese e famiglie al pareggio di bilancio, con patti per l’obiettivo da raggiungere e provvidenze condizionate al progetto di autoassistenza: di fronteggiamento della crisi per debiti, con misure di sicurezza sociale per le famiglie che sopportano spese croniche, quali assistenza all’anziano non autosufficiente, inoccupazione giovanile, perdita di posti di lavoro, non possibilità di pagamento dei ratei per la case ecc. ecc.. Ma occorre far uscire il problema dallo schermo che lo nasconde. E porlo all’attenzione generale degli italiani e delle loro istituzioni. Le Fondazioni antiusura hanno mostrato – con l’esempio ultraventennale – che è possibile avere successo contro tale male sociale. Oltretutto con oneri modestissimi per lo Stato e un gran risparmio di spese per interventi unicamente riparatori”.