Come cambiano le città dell’olio

In una sola generazione sono praticamente raddoppiati i consumi mondiali di olio di oliva con un balzo del 73% negli ultimi 25 anni che ha cambiato la dieta dei cittadini in molti Paesi, dal Giappone al Brasile, dalla Russia agli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna alla Germania, documenta la Coldiretti. Il futuro per la cultura dell’olio passa dalla redazione dell’Agenda 2030 delle Città dell’Olio, il documento unico a supporto degli amministratori pubblici di cui si discuterà a Siena, nel corso dell’evento celebrativo del 25° anniversario dalla nascita di Anco.

Sviluppo sostenibile

“Olio 2030: costruire il futuro” è il titolo del meeting che per l’importanza delle argomentazioni in esso trattate ha ricevuto prestigiosi patrocini a livello nazionale ed internazionale, tra cui quello del Consiglio Oleicolo Internazionale, del ministero delle Politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo, del ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare e di Unioncamere nazionale. “Cultura, identità, territorio, qualità e sviluppo sostenibile sono gli argomenti della tre giorni di lavori suddivisa in varie sessioni tematiche, all’interno delle quali saranno disegnate proposte e strategie atte a trasformarsi in opportunità per la filiera per vedere il settore non solo nell’ottica ristretta della produzione, ma in una visione a 360 gradi dalla cultura, al marketing, alla commercializzazione, al turismo, alla ricerca della qualità – riferisce Adnkronos -. Il documento che ne uscirà, sarà uno strumento strategico per gli amministratori pubblici poiché ispirandosi ad esso possano intraprendere e gestire percorsi politici ed amministrativi volti alla valorizzazione di una delle più importanti colture italiane”.

Raccolto dimezzato

Lo scorso febbraio, con la protesta Salva Made in Italy organizzata dalla Coldiretti in piazza Montecitorio davanti al Parlamento, ha trovato pubblica rappresentazione la rabbia degli agricoltori colpiti dalle pesanti calamità con il dimezzamento del raccolto nazionale di olio di oliva che ha messo in ginocchio migliaia di famiglie. Con la produzione di extravergine Made in Italy che ha raggiunto quest’anno i minimi storici è, sottolinea la Coldiretti, sos per gli ulivi italiani colpiti dai cambiamenti climatici, del propagarsi inarrestabile della Xylella e della concorrenza sleale provocata dalle importazioni low cost spacciate per italiane. In particolare sono state le regioni del Mezzogiorno ad accusare le perdite maggiori, con la Puglia, che da sola rappresenta circa la metà della produzione nazionale, colpita da una flessione stimabile attorno al 65%, a causa delle gelate.

Produzione insufficiente

I riflessi sul mercato della scarsità di prodotto nazionale non hanno tardato a manifestarsi con i listini dell’extravergine italiano hanno raggiunto alla produzione, infatti, a gennaio i 5,65 euro al kg (+31% rispetto allo stesso mese dello scorso anno), con valori all’origine superiori ai 7 euro al chilo in Sicilia e sui 6 euro nel Barese. Per la prima volta nella storia, sottolinea la Coldiretti, la produzione nazionale potrebbe essere sorpassata da quella della Grecia e del Marocco mentre si avvicina pericolosamente addirittura la Turchia e la Spagna allunga la distanza con ben 1,6 miliardi di chili e raggiunge un quantitativo quasi nove volte superiore.  Senza interventi strutturali l’Italia,  avverte la Coldiretti, rischia di perdere per sempre la possibilità di consumare extravergine nazionale con effetti disastrosi sull’economia, il lavoro, la salute e sul paesaggio. Con il crollo della produzione nazionale a crescere sono le importazioni dall’estero con aumenti record degli arrivi dalla Tunisia che fanno registrare un balzo in quantità di quasi il 150% secondo le proiezioni Coldiretti su dati Istat relative ai primi dieci mesi del 2018.

Rischio-truffe

“Aumenta il rischio di frodi e sofisticazioni a danno del vero “made in Italy” che colpiscono i produttori agricoli e i consumatori”, denuncia il presidente della Coldiretti Ettore Prandini sottolineando che “per non cadere nelle trappole del mercato il consiglio della Coldiretti per scegliere “made in Italy” è quello di diffidare dei prezzi troppo bassi, guardare con più attenzione le etichette e acquistare extravergini a denominazione di origine Dop, quelli in cui è esplicitamente indicato che sono stati ottenuti al 100 per 100 da olive italiane o di acquistare direttamente dai produttori olivicoli, nei frantoi o nei mercati di Campagna Amica dove è possibile assaggiare l’olio Evo prima di comprarlo e riconoscerne le caratteristiche positive”. Oggi nella stragrande maggioranza delle confezioni, stigmatizza la Coldiretti, serve la lente d’ingrandimento per leggere le minuscole scritte, poste spesso sul retro, “miscele di oli di oliva comunitari”, “miscele di oli di oliva non comunitari” o “miscele di oli di oliva comunitari e non comunitari” obbligatorie per legge nelle etichette dell’olio di oliva dal primo luglio 2009.