Chi ha paura del crocifisso?

In un momento storico in cui i simboli della cristianità sono sempre più sotto attacco, come vediamo nelle immagini che arrivano quotidianamente dal Nicaragua, in Italia si riaccende il dibattito sulla presenza del crocifisso negli edifici pubblici. Una proposta di legge presentata alla Camera mira ad introdurne l'obbligo di esposizione. L'iniziativa è stata molto discussa sul web e sui giornali in questi giorni e sembra aver diviso l'opinione pubblica e gli esponenti politici tra gli entusiasti ed i critici. Per capirne di più abbiamo intervistato Paolo Grimoldi, deputato del Carroccio e segretario della Lega Lombarda, uno dei cinque firmatari del testo.

Onorevole, quale obiettivo intendete prefiggervi lei e i suoi colleghi con questa proposta?
“L'obiettivo evidente è quello di tutelare la nostra identità e le nostre radici. Questa è da sempre una battaglia del partito a cui appartengo. Il secondo obiettivo è quello di sottolineare, verso coloro che parlano di integrazione, che quest'ultima funziona soltanto se passa attraverso l'inevitabile conoscenza della cultura di riferimento – e quindi anche e soprattutto dei suoi simboli religiosi – del paese ospitante. Ripeto, non ci può essere integrazione senza conoscere la cultura di riferimento di chi ti accoglie. Senza saperne riconoscere gli elementi fondanti, infatti, si finisce poi per non rispettarne le consuetudini, le leggi e le istituzioni. Quindi, la nostra richiesta di esporre il crocifisso rappresenta una battaglia culturale con cui intendiamo agevolare l'integrazione di chi arriva mediante l'apprendimento dei valori della cultura, anche religiosa, del paese che li ospita.”

Dunque, va interpretato come un riferimento implicito alla questione immigrazione quella menzione specifica dei porti inserita nel testo della proposta?
“Non necessariamente. È un discorso su più binari. Ma sono convinto che se non vogliamo rendere nullo ogni tentativo d'integrazione bisogna tutelare quella che è la nostra identità, le nostre tradizioni e – soprattutto – i valori del credo religioso che passano anche attraverso i simboli. Nel momento in cui decidi di togliere questi simboli o di non tutelarli rischi soltanto di creare difficoltà ai processi d'integrazione di chi viene qui e, magari, è culturalmente 'lontano' da noi.”

Lei e gli altri firmatari avete presentato la proposta quando una maggioranza parlamentare ancora non c'era. Oggi governate con il Movimento 5 Stelle. Conta di trovare una sponda nei parlamentari grillini per l'approvazione del testo?
“Credo sia una battaglia che sta a cuore in modo particolare al mio partito. Dopodiché, pensiamo che all'interno del Parlamento possano esserci altre forze politiche che condividono questa battaglia. Non so dirle se i nostri colleghi di governo la pensino allo stesso modo. Il provvedimento non fa parte del contratto di governo, tuttavia, dal momento che è riconducibile alla tematica dell'integrazione, demandata alla figura di Matteo Salvini, colonna portante di questo esecutivo, ritengo che possiamo avere l'ambizione di portare avanti positivamente questo percorso nella legislatura corrente. Le do comunque la certezza che noi ce la metteremo tutta per 'portarlo a casa'.”

Cosa risponde a chi, criticando la vostra iniziativa, dice che i problemi da affrontare con urgenza, specialmente nelle scuole, sarebbero ben altri?
“Un simbolo religioso rappresenta le fondamenta della nostra identità, della nostra cultura e quindi anche delle nostre istituzioni e della vita più in generale. La sua tutela, dunque, dovrebbe essere una preoccupazione che riguarda tutti. Noi occidentali diamo un valore alla vita che discende proprio dal crocifisso, un simbolo di amore, di partecipazione, di inclusione universale. A me preoccupa che ci siano esponenti politici che non riescono a comprendere l'importanza della tutela di quello che è ben più di un simbolo e, magari poi, sono gli stessi che organizzano convegni inutili a disquisire se il termine più corretto da utilizzare sia 'presidenta' o 'presidentessa'.”

Antonio Spadaro, direttore della rivista “La Civiltà Cattolica”, ha scritto su Twitter che “usare il crocifisso come un Big Jim qualunque è blasfemo”, riferendosi probabilmente alla vostra proposta. Come si sente di replicare?
“Non credo sia blasfemia difendere il crocifisso, semmai è blasfemo dichiararsi cristiano e nasconderlo. Anche perchè fa supporre ci si vergogni di essere cristiani. Io, invece, sono orgoglioso di essere tale e non ho nulla da nascondere o da temere.”

Recentemente anche Markus Söder, governatore della Baviera, ha reintrodotto l'obbligo di esporre i crocifissi in tutti gli uffici pubblici del Land tedesco. Adesso arriva la vostra proposta. Lei crede che il vento stia cambiando in Europa? Si può dire che sia finita l'ubriacatura laicista di qualche anno fa?
“Assolutamente si. Mi sembra che ci sia in atto una riscoperta dell'orgoglio di ciò che siamo. Questa è una buona notizia, specialmente perché la nostra religione porta con sé un messaggio di pace che può rivelarsi indispensabile di fronte all'enorme sfida dell'integrazione. Inoltre, la difesa di questo simbolo anche in Baviera rappresenta la risposta migliore a chi ci accusa di fare una battaglia partitica o che riguarda solo il nostro paese. Al contrario, si tratta di un impegno che dovrebbe riguardare praticamente mezzo pianeta perché il cristianesimo è universale.”

Molto spesso, negli ultimi anni e specialmente in Europa, è stata proprio la politica a veicolare l'imposizione di un laicismo ideologico. Può essere la politica, a sua volta, a dare un contributo nell'arginare il tentativo in atto di escludere Dio dalla società?
“Credo che proposte come la nostra possano far venir meno l'approccio relativista alla quotidianità, al vivere comune. La rimozione di quest'impostazione relativista non può che rafforzare la società anche a livello spirituale. Se la politica si mette in testa di riconoscere i valori che scaturiscono dal cristianesimo,ne può giovare tutta la società. D'altronde, la civiltà che discende dal cristianesimo va avanti da più di duemila anni in maniera più che dignitosa. Se riuscissimo a conseguire l'obiettivo prefissato nella nostra proposta di legge, sarebbe un successo simbolico rilevante da cui scaturirebbe un rafforzamento inevitabile dei valori collegati al crocifisso. Valori, appunto, di pace, di amore e di inclusione. E questo, credo, sarebbe molto positivo per l'intera società.”