C'è la fiducia al Milleproroghe

Non sono bastate le proteste dem della giornata di ieri a ostacolare la fiudcia sul decreto Milleproroghe, arrivata quest'oggi alla Camera dei deputati con 329 voti favorevoli, 220 contrati e 4 astenuti. E' il primo voto di fiducia ottenuto dall'esecutivo a guida Lega-M5s e, al netto delle assenze, si è registrato un calo di 21 voti rispetto al 6 giugno scorso, quando il premier si presentò a Montecitorio per il varo del governo. Anche oggi la seduta dell'Aula è stata particolarmente accesa, con le discussioni incentrate soprattutto sul punto dei vaccini e delle periferie, quest'ultimo il terreno di scontro fra la maggioranza e l'ala dell'opposizione a guida Pd che, nella giornata di ieri, aveva chiesto la sospensione del voto chiarimenti sull'accordo stipulato fra il premier e i rappresentanti dell'Anci, in apparente contrapposizione ai tagli che il decreto prevede sul tema.

Nodi vaccini e periferie

Sul nodo vaccini si è giocata buona parte della discussione: nel testo viene stabilita la necessità dell'autocertificazione dell'avvenuta vaccinazione come requisito necessario per l'ammissione dei bambini nelle scuole, metodo sul quale persistono alcuni dubbi ma che, a ogni modo, mantiene l'obbligo vaccinale alla stregua di quanto previsto dal decreto Lorenzin durante la scorsa legislatura. Per quanto riguarda i fondi per le periferie, resta il dubbio portato dal contrasto fra quanto previsto nel decreto, ovvero il taglio di oltre 1 milione di euro sui progetti (alcuni dei quali potrebbero essere già stati avviati), e la promessa di fondi nel triennio fatta da Conte ai Comuni: un'intesa che era stata salutata con soddisfazione e diffidenza allo stesso tempo, proprio in virtù della scarsa chiarezza su questo aspetto della questione.

La questione fiducia

Nel frattempo, continuano i malumori delle opposizioni sulle modalità di apposizione della fiducia, la causa dell'occupazione dell'aula messa in atto dai deputati dem durante la seduta di ieri. La critica del Partito democratico riguarda in particolare la data della messa del voto di fiducia, risalente al 24 luglio, mentre il decreto è datato il 25: “Sono state calpestate le prassi parlamentari – ha spiegato il deputato dem Francesco Boccia -, nel senso che per porre la questione di fiducia è necessario che vi sia l'autorizzazione del Consiglio dei ministri che in realtà non c'era perché hanno utilizzato una vecchia autorizzazione del 24 luglio. Quando si pone la questione di fiducia è necessario farlo sul testo che in quel momento è stato lavorato dal Parlamento. C'è stato un banale errore di Fraccaro, un errore abbastanza goffo, bastava chiedere scusa, sospendere l'aula, convocare il consiglio dei ministri, autorizzare la questione di fiducia e poi tornare in aula”.