Alta tensione tra Governo e Chiesa italiana

A spegnere le insinuazioni non è bastato l'incontro in Vaticano tra il premier Giuseppe Conte e Papa Francesco (il primo dopo sette mesi di Governo giallo-verde). Il rapporto tra l'Esecutivo e la Chiesa italiana sta forse conoscendo in questi giorni pre-natalizi il punto più basso. Non più solo il tema dell'immigrazione, ad allontanare Palazzo Chigi da Circonvallazione Aurelia, sede della Conferenza episcopale italiana (Cei), ci sono anche il tema caro all'Esecutivo dei tagli all'editoria previsto dal sottosegretario Vito Crimi (che riguarderebbe anche il quotidiano dei vescovi Avvenire) e l'aggravio dell'Ires per tutti gli enti non-profit contenuto nella Manovra.

Lo scontro sull'Ires

A prendere la parola su questo aspetto della legge di Bilancio è stato mons. Stefano Russo, segretario generale della Cei. “Se davvero il parlamento procedesse con la cancellazione delle agevolazioni fiscali agli enti non commerciali, verrebbero penalizzate fortemente tutte le attività di volontariato, di assistenza sociale, di presenza nell'ambito della ricerca, dell'istruzione e anche del mondo socio-sanitario”, reclama il presule. Il provvedimento, di fatto, potrebbe colpire proprio le parrocchie che risultano come soggetti passivi per quanto riguarda l'Ires. Parrocchie che, tuttavia, godono di una riduzione al 12 per cento rispetto all'aliquota normale che è al 24 per cento. Sulla questione si registra però l'apertura del vicepremier Luigi Di Maio, il quale ci tiene a precisare che “non c’è nessuno scontro con la Chiesa, abbiamo solo detto anche lì possiamo togliere uno sgravio, il dialogo è sempre aperto, non abbiamo tagliato soldi a chi ha più bisogno”. La misura viene giustificata dal Governo con la necessità di trovare fondi per il Reddito di cittadinanza e Quota 100 alle pensioni.

Salvini: “Dare i contributi di Avvenire a chi è davvero in difficoltà”

Lo stesso principio alla Robin Hood – togliere ai ricchi per dare ai poveri – viene agitato dagli esponenti del Governo per giustificare i tagli all'editoria, vecchio cavallo di battaglia del M5s. Ed è qui che si apre un altro fronte tra Palazzo Chigi e Chiesa. La prima freccia lanciata sul campo di battaglia proviene dall'arco tirato a lucido dell'altro vicepremier Matteo Salvini. “Parte dei contributi che oggi il Governo eroga ai giornali – dice il capo della Lega a RadioRai  – dovrebbe essere utilizzata per chi è in difficoltà economica”. Salvini rileva che “nel momento in cui si chiedono sacrifici agli italiani” ci sono “130 milioni di euro dei cittadini che faticano a tirare fino a fine mese che si danno ogni anno ai giornali”. “Io spero che abbia lunghissima vita – ha poi aggiunto – ma se Avvenire, tanto per fare un esempio, che è il giornale dei Vescovi, prende 6 milioni di contributi pubblici dai cittadini italiani, penso che una parte di quei soldi possano essere spesi per chi è davvero in difficoltà, o sbaglio?“.

Tarquinio: “Il Governo vuole punire i giornali scomodi”

Secondo Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, la risposta è affermativa: il capo del Viminale sbaglia. Secondo il giornalista (che da giugno ad oggi non è mai stato tenero nei confronti della componente leghista del Governo), “il problema sollevato da Matteo Salvini non è il problema di urgente giustizia sociale, ma è un problema di urgente regolamento di conti con una stampa scomoda perché libera (Avvenire assieme ad altri grandi quotidiani) e soprattutto con quella porzione di mondo dell’informazione italiana che sta sul mercato, ma ai diktat e alle logiche del mercato non è completamente assoggettata e per questo si assoggetta, invece, a giustamente severe regole (Avvenire e gli altri giornali diversi ai quali non caso il Governo intende aggiungere emittenti altrettanto diverse, libere e scomode come Radio Radicale)”. Insomma, Tarquinio accusa Salvini di voler tappare la bocca ai giornali scomodi (e tra questi cita il “suo” Avvenire in coppia con l'anticlericale Radio Radicale). E così il direttore conclude il suo editoriale odierno: “Non cerchino scuse e non le agitino, il signor Ministro e la sua maggioranza. Vogliono dare una lezione ai giornali che fanno ombra. Si vede e si capisce. Ognuno giudichi”. Un giudizio oggettivo è che, nonostante il ruolo di conciliatore svolto finora egregiamente dal presidente della Cei, il card. Gualtiero Bassetti, la tensione tra Governo e Chiesa italiana è alto. E questa, a prescindere dai contenuti della polemica e dalle ragioni degli uni o degli altri, non è una buona notizia per il nostro Paese.