Ć crescente lāattenzione degli studiosi sui rapporti che intercorrono tra virus e animali, sia sul fronte dellāorigine delle patologie sia sulla loro diffusione.
Se sulla possibilitĆ che lāinquinamento prodotto dagli allevamenti intensivi, in particolare le enormi quantitĆ di ammonica derivante dalle deiezioni, favorisca la trasmissione del Covid-19 siamo nel campo delle ipotesi, ĆØ invece ampiamente accertata lāorigine zoologica di tanti virus: non solo da animali selvatici (lāAids dalle scimmie, la Sars da pipistrelli e zibetti, la Mers da pipistrelli e cammelli, lāEbola dai pipistrelli Eidolon helvum, ecc.), ma anche di allevamento (il āmorbo della mucca pazzaā, esploso alla fine degli anni Ottanta nel Regno Unito, le differenti āaviarieā, la cosiddetta āinfluenza suinaā apparsa in Messico nel 2009). Sotto accusa, in particolare, le modalitĆ di produzione alimentare, dagli allevamenti intensivi agli āsconfinamentiā in zone un tempo riservate agli animali selvatici. Inoltre, specie in Asia, molti di questi animali sono diventati commestibili, inseriti pienamente in logiche di mercato.
Se ĆØ accertato scientificamente (i lavori di Marius Gilbert dellāUniversitĆ© Libre de Bruxelles) il nesso tra la comparsa di alcuni virus, come quello dellāinfluenza aviaria, e lāallevamento intensivo del pollame, e alcuni libri ā come āBig farms make big fluā (āI grandi allevamenti causano grandi malattieā) del 2016 di Rob Wallace ā ben documentano i danni causati da pratiche scellerate, sempre piĆ¹ studi si spingono oltre ipotizzando un ruolo degli allevamenti anche nella diffusione dei virus.
La ricerca piĆ¹ recente ĆØ stata prodotta in Italia dallaĀ SocietĆ italiana di medicina ambientaleĀ e ipotizza che il Pm10 alimentato dagli allevamenti intensivi abbia aiutato la diffusione del coronavirus in Pianura Padana. Occorre tenere presente che quasi il 90 per cento dei suini italiani fa parte di allevamenti con oltre 500 capi (datiĀ associazione āTerra!ā).
LāUnsic, associazione datoriale che riunisce 40mila aziende agricole orientate a canoni di sostenibilitĆ ecologica, ha prodotto una propria ricerca che mette in relazione il numero di casi di Covid-19 nelle singole regioni con la presenza di allevamenti di suini e bovini.
āOvviamente non abbiamo pretese scientifiche, ma crediamo sia utile rilevare come le prime quattro regioni per numero di casi di coronavirus ā Lombardia, Emilia-Romagna, Piemonte e Veneto ā abbiano le stesse posizioni nella classifica per densitĆ di suini per chilometro quadrato ā spiega Domenico Mamone, presidente dellāUnsic. Incidenza alta anche in Friuli-Venezia Giulia e Marche, altre due regioni particolarmente colpite.
āLo scopo primario della nostra indagine ĆØ semplice: richiamare il settore agroindustriale allāadozione di standard meno impattanti per lāambiente. Temi come lāinquinamento delle falde acquifere e dellāatmosfera, lāiper consumo di acqua, il disboscamento, la produzione di antibiotico-resistenza vanno messi in cima alle agende della politica. In fondo, insieme allāemergenza sanitaria ed economica di cui si parla molto, il nostro futuro ĆØ sempre piĆ¹ subordinato anche alla salute del pianeta ā conclude Mamone.
In effetti, rielaborando per densitĆ regionale i dati Istat sugli allevamenti e incrociandoli con quelli della Protezione civile sui casi di Covid-19, emerge nettamente il peso della presenza di bovini e suini nelle regioni piĆ¹ contagiate dal virus, cosƬ come analoghe, anche in percentuale, si presentano le distanze tra Nord e Sud sia nei contagi sia negli allevamenti.
Emblematico il caso della Lombardia, con circa quattro milioni di suini. I maggiori allevamenti sono nelle province di Brescia e Mantova (con oltre un milione ciascuna), Cremona (circa 800mila), Lodi e Bergamo (intorno a 300mila), particolarmente flagellate dallāepidemia, mentre le altre province ā meno colpite ā hanno numeri marginali.
Presenza suini e bovini nelle regioni (densitĆ )
(fonte: dati Istat allevamenti e Protezione civile sui casi di Covid-19)
Regione |
Kmq |
SuiniĀ per kmq | BoviniĀ per kmq | CasiĀ di Covid-19 | Casi ogni 10mila residenti |
LOMBARDIA | 23.864 | 166,97 | 64,68 | 62.153 | 62 |
EMILIA-ROMAGNA | 22.453 | 61,35 | 27,95 | 21.029 | 47 |
PIEMONTE | 25.387 | 44,18 | 32,49 | 18.229 | 42 |
VENETO | 18.345 | 39,11 | 44,92 | 14.624 | 30 |
FRIULI-V. GIULIA | 7.924 | 26,69 | 13,50 | 2.544 | 21 |
UMBRIA | 8.464 | 22,82 | 6,26 | 1.322 | 15 |
MARCHE | 9.401 | 19,51 | 6,08 | 5.503 | 36 |
BASILICATA | 10.073 | 7,84 | 9,56 | 320 | 6 |
ABRUZZO | 10.832 | 7,32 | 7,05 | 2.274 | 17 |
CAMPANIA | 13.671 | 7,16 | 36,18 | 3.807 | 7 |
TOSCANA | 22.987 | 5,96 | 3,97 | 7.666 | 21 |
SARDEGNA | 24.100 | 4,73 | 12,07 | 1.161 | 7 |
CALABRIA | 15.222 | 3,99 | 9,37 | 971 | 5 |
MOLISE | 4.461 | 3,71 | 10,90 | 263 | 9 |
LAZIO | 17.232 | 3,00 | 11,72 | 5.232 | 9 |
SICILIA | 25.832 | 1,74 | 15,00 | 2.535 | 5 |
TRENTINO-A. ADIGE | 13.605 | 1,22 | 13,19 | 5.444 | 51 |
PUGLIA | 19.541 | 1,04 | 9,53 | 3.184 | 8 |
LIGURIA | 5.416 | 0,35 | 2,80 | 5.936 | 38 |
VALLE DāAOSTA | 3.261 | 0,03 | 9,90 | 958 | 76 |