Westminster dice “no” al piano May

Non ce la fa Theresa May, nemmeno stavolta: Westminster boccia ancora il piano, per il quale non è bastata la revisione last minute concordata con Juncker sul backstop irlandese. Non tanto almeno per convincere i falchi della Brexit ma nemmeno i nordirlandesi del Dup, decisivi qualche tempo fa per tenere la premier in sella e, ora, altrettanto decisivi per questa ennesima brusca frenata. Impietosi i numeri: 391 voti contro, appena 292 quelli a favore. Domani è previsto un nuovo voto, quello sul “no deal”.

La giornata

“Così o niente”, ancora una volta. Il leitmotiv non era cambiato poi tanto, perlomeno non allo stesso ritmo del cambio di contenuti. Theresa May aveva lasciato ai Comuni l'ennesimo aut aut sulla struttura dell'accordo sulla Brexit, ridiscusso nuovamente nella giornata di ieri a Strasburgo con Jean-Claude Juncker ed esposto alla Camera in audizione, ribadendo ancora che, così com'è, l'intesa risulta migliorata e offre “garanzie legalmente vincolanti” sul backstop. In un certo senso, May ha preso in parola il presidente della Commissione europea, il quale aveva tenuto a sottolineare che di accordi non ce ne saranno più e che quelle concesse sul backstop irlandese erano le uniche garanzie ulteriori da parte dell'Unione per scongiurare il divorzio senza stretta di mano. Ora resta da capire se, dopo la bocciatura (possibilità già concreta alla vigilia), si concretizzerà il rischio che “la Brexit vada perduta” paventato da Theresa May.

Il “no” degli oltranzisti

L'obiettivo era regolare in qualche modo i rischi del backstop non per l'Irlanda ma proprio per il Regno Unito, in disaccordo sui termini stilati nella precedente bozza a proposito della questione del confine, convinto che esistesse il rischio di una permanenza a oltranza in attesa della definizione sul punto del mercato comune. Se per i Tory di sponda May la questione era risolta, i brexiteers oltranzisti continuano a fare muro e, nello specifico, a sbarrare in modo netto la strada all'approvazione dell'ennesima revisione del piano May. In otto avevano già deto “no”, perché le intese raggiunte a Strasburgo “non soddisfano l'impegno preso dal governo alla Camera dei Comuni di ottenere cambiamenti legalmente vincolanti nell'accordo di recesso”. Nel gruppo emergono nomi di spicco come l'ex ministro per la Brexit, Dominic Raab e anche il capogruppo del Dup, Nigel Dodds, visto che anche i nordirlandesi, decisivi all'epoca delle elezioni anticipate, confermano il loro disaccordo sui termini del backstop.

Dup decisivo

Stavolta, però, il voto appare davvero decisivo. Non tanto perché May l'ha messa sul piano del “così o nulla” (circostanza già accaduta in passato), quanto piuttosto per le parole nette di Juncker che, ora più di altre volte, appaiono definitive. Per quanto riguarda l'esito, la bilancia sembra in equilibrio fra il sì e il no ma l'analisi-lampo dell'attorney Geoffrey Cox sembra aggiungere qualche granello al piatto della bocciatura, dal momento che il rischio del backstop a oltranza sembrerebbe non eliminato, quanto ridotto. Il che non fa contenti i falchi tories ma nemmeno i nordirlandesi del Dup. E il loro parere è stato, ora più che mai, l'ago della bilancia.