Ucraina: da mezzanotte in vigore la tregua. Ma la tensione resta alta

Dalla mezzanotte di oggi è ufficialmente scattato “il cessate il fuoco” nell’Ucraina orientale. O almeno è quanto previsto dagli accordi di Minsk. Dopo una lunga “maratona” a cui hanno partecipato il presidente russo Vladimir Putin e il suo omologo ucraino Petro Poroshenko, accompagnati dall’attenta presenza del capo dell’Eliseo Francois Hollande e dalla cancelleria tedesca Angela Merkel, sono stati stabiliti tredici punti per fermare il bagno di sangue che gli scontri tra i ribelli filorussi e l’esercito regolare di Kiev avevano provocato. Ma nelle ultime ore sono continuati gli attacchi da parte dei ribelli.

Il governo di Kiev ha infatti denunciato oltre 120 attacchi nelle ultime 24 ore, i quali hanno provocato la morte di 14 persone, otto soldati e sei civili, mentre altri 23 sono rimasti feriti. “È l’ultima possibilità di pace”, ha dichiarato il presidente ucraino, dopo aver avuto un colloquio con il suo omologo statunitense, Barack Obama e i leader di Germania e Francia. Nel corso della giornata di ieri una potente esplosione ha scosso la piazza centrale di Donetsk, dove il capo dell’autoproclamata Repubblica indipendente, Oleksander Zakharchenko stava per tenere una conferenza stampa.

E mentre i separatisti dichiarano di voler includere nella loro regione indipendente tutta la regione di Donetsk, un portavoce militare dell’esercito regolare, Anatoli Stelmack, ha dichiarato alla tv locale che “i ribelli stanno distruggendo la città di Debaltsevo. Ci sono incessanti bombardamenti di artiglieria contro le aree residenziali e gli edifici. La città è in fiamme”. Insomma, la tregua scattata alle 23 italiane è solo apparente. I ribelli parlano di “agonia politica di Kiev” e spingono perchè venga rispettato l’undicesimo punto dell’accordo di Minsk, ossia l’inizio del dialogo sulla riforma costituzionale per le regioni dell’est. Ma prima di arrivare all’undicesima posizione, ma bisognerà vedere se e quando verrà attuato il primo, ossia la tregua, e poi il secondo, ossia il ritiro delle armi pesanti da entrambi i fronti, a partire da martedì