Tusk, l'attacco ai brexiteers che fa infuriare Londra

Juncker frena sul backstop, come prevedibile e come previsto. In attesa che arrivi Theresa May, il presidente della Commissione europea scopre le carte su ciò che dirà alla premier britannica a proposito della proposta di revisione all'accordo sul confine irlandese, ora come ora la chiave di volta per il futuro della Brexit visto che è da questo che dipende il futuro dell'uscita del Regno Unito dall'Unione europea, se non altro perché May si gioca tutto in tempi estremamente ridotti. Ma non è stato Juncker a utilizzare le parole più dure nei confronti della Gran Bretagna: per dar fuoco alle polveri non sarebbe bastata la chiusura preventiva del presidente della Commissione se a metterci il carico non ci avesse pensato il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, che ha riservato a Brexit, brexiteers e mancati europeisti un attacco frontale che ha spiazzato tutti e causato l'ira di Londra: “Mi chiedo come sarà lo speciale posto all'inferno per coloro che hanno promosso la Brexit senza uno straccio di piano per portarla a compimento in sicurezza”.

Le reazioni

Ce l'ha con tutti Donald Tusk: con Theresa May e Jeremy Corbyn, rei di non aver fatto nulla per tenere a galla la Gran Bretagna nel mare europeo; con i brexiteers della prima ora, i Tory radicali sul tema, Boris Johnson in testa ma anche Nigel Farage dell'Ukip. Tutti nel mirino, in un fuoco polemico che, in qualche modo, sembra tradire una certa propensione all'idea che Londra resti nell'Ue. Il problema è che dalle parti britanniche le sue frasi sono state accolte tutt'altro che in modo positivo, mostrando tutta l'intenzione di non voler lasciar correre. May definisce le parole di Tusk “offensive e vergognose”, per Farage è l'occasione per mettere in chiaro un paio di concetti: “Dopo la Brexit ci libereremo di bulletti non eletti e arroganti, sarà come essere in paradiso”. Reazioni che non lasciano spazio a molte interpretazioni su come l'esternazione del presidente sia stata accolta Oltremanica.

Clima teso

A stemperare i toni ci ha provato il collega Juncker che, solo poche ore prima, aveva alzato le prime barriere ancor prima che Theresa May mettesse piede a Bruxelles: “Sono meno cattolico del mio amico Tusk. Credo nel paradiso, non ho mai visto l'inferno, salvo da quando lavoro qui. Questo è un inferno”. Fra poco la premier approderà in Belgio in un clima di frizione con entrambi i leader, il che non gioca a favore dell'incontro che farà poco dopo con il premier irlandese Leo Varadkar. Anche in Irlanda la questione sembra non avere storia: il backstop non si tocca nemmeno per Dublino. A Theresa May il compito di fargli cambiare idea.