Turchia: le proteste non spaventano Erdogan, mandati d’arresti per 105 esperti di hi-tech

Il governo della Turchia non si fa intimorire dalla manifestazione oceanica dell’opposizione e prosegue con le epurazioni inaugurate poco meno di un anno fa, dopo il golpe del 15 luglio 2016. La procura di Istanbul ha emesso 105 nuovi mandati d’arresto nei confronti di esperti di telecomunicazioni, accusati di legami con la presunta rete golpista di Fethullah Gulen. Tra i sospetti, ci sono diversi ex dipendenti del Consiglio per la ricerca scientifica e tecnologica (Tubitak) e dell’autorità per le telecomunicazioni (Tib). Almeno 52 dei ricercati sono già stati arrestati nel corso di retate compiute stamani in 8 diversi quartieri di Istanbul.

Recep Tayyip Erdogan, intanto, studia le contromosse dopo il boom di adesioni alla manifestazione delle opposizioni, andata in scena domenica 9 luglio. Mentre ancora si discute sui numeri del maxi-raduno di Maltepe – la cifra di 1,5 milioni di partecipanti, stimata dagli organizzatori, ha trovato conforto nei calcoli della Camera nazionale degli ingegneri – la sfida del “Sultano” al monopolio delle piazza è lanciata. In queste ore, il governo di Ankara ha diffuso il programma delle commemorazioni per l’anniversario del fallito golpe del 15 luglio. Una settimana fitta di eventi con cui il presidente punta anche a rispondere a caldo al bagno di folla che ha chiuso i 430 km della “Marcia per la Giustizia”.

La verifica finale è attesa sabato, con una contro-marcia “di unità nazionale” sul ponte del Bosforo, ribattezzato dei Martiri del 15 luglio dopo il putsch. Lì, preceduto venerdì da una giornata di speciali cerimonie di preghiera in tutte le moschee della Turchia, Erdogan riabbraccerà i suoi, mobilitati anche con la ripresa simbolica delle “guardie della democrazia“, che per circa un mese la scorsa estate animarono le nottate post-golpe. Occupando piazze e tv, il presidente punta a spegnere i rinnovati entusiasmi dell’opposizione. Che però prova a cavalcare l’onda lunga della manifestazione. nelle scorse ore Kilicdaroglu ha fatto visita in carcere al deputato del suo partito Enis Berberoglu, il cui arresto il 14 giugno accese la miccia per la marcia da Ankara a Istanbul.

Primo parlamentare del partito socialdemocratico Chp a finire in manette – come già era accaduto a una dozzina di deputati curdi dell’Hdp -, Berberoglu è stato condannato in primo grado a 25 anni con l’accusa di essere la fonte dello scoop del quotidiano Cumhuriyet sul passaggio di armi in Siria su tir degli 007 di Ankara. Le detenzioni decise “ingiustamente” stanno provocando “ferite profonde nella coscienza della società”, ha commentato fuori dal carcere Kilicdaroglu, lanciando poi un nuovo messaggio di fiducia: “C’è un detto: la giustizia cammina lenta, cammina poco, ma alla fine raggiunge sempre il suo obiettivo”.