Turchia: la riforma costituzionale per il presidenzialismo arriva in Parlamento

Il Parlamento turco discuterà a partire da oggi sulla riforma costituzionale in senso presidenzialista voluta dall’Akp (partito di Erdogan) e sostenuta dai nazionalisti. Lo ha annunciato il premier Binali Yildirim.

Perché possa essere poi sottoposta a referendum la proposta dovrà ottenere almeno 330 voti sui 550 della Camera: il partito per la Giustizia e Sviluppo (Akp) del presidente Erdogan, insieme alla destra nazionalista dell’Mhp, può contare su 355 deputati. Salvo sorprese dunque una consultazione popolare potrebbe tenersi già nel prossimo marzo, secondo quanto dichiarato dal vicepremier Nurettin Canikli. La proposta di riforma – da tempo auspicata da Erdogan – prevede in sostanza il trasferimento del potere esecutivo dalla figura del Primo ministro a quella del Presidente della Repubblica, carica che in base all’attuale Costituzione è soprattutto onorifica.

Intanto, secondo la Commissione Venezia, organo del Consiglio d’Europa composto da esperti costituzionalisti, “le misure prese dal governo turco connesse allo stato d’emergenza oltrepassano i limiti di quanto permesso dalla Costituzione del Paese e dalle leggi internazionali“. Pur riconoscendo che “le autorità turche hanno dovuto far fronte a una pericolosa cospirazione armata e hanno avuto buone ragioni per dichiarare lo stato d’emergenza”, la Commissione “deplora le misure prese per licenziare piuttosto che sospendere i funzionari pubblici e liquidare le associazioni invece di metterle sotto il controllo temporaneo dello Stato”.

Il gruppo di lavoro critica in particolare le misure che hanno condotto al licenziamento “di decine di migliaia di funzionari pubblici” sulla base di liste allegate ai decreti legislativi d’emergenza. “Questi licenziamenti collettivi non hanno fatto riferimento a prove verificabili, relative a ciascun singolo caso” rileva l’organo del Consiglio d’Europa. “La velocità con cui queste liste sono apparse implica che i licenziamenti collettivi non sono stati accompagnati neanche dalle minime garanzie procedurali” nota ancora la Commissione di Venezia, sottolineando che “apparentemente questi licenziamenti non sono soggetti ad un controllo giurisdizionale da parte dei tribunali ordinari, o, comunque, l’accesso ai tribunali resta una questione controversa”.

La commissione considera che “tali metodi di epurazione dell’apparato dello Stato creato una forte sensazione di arbitrarietà”. Inoltre pur riconoscendo le presunte connessioni di alcuni funzionari pubblici con la struttura gullenista e altre organizzazioni considerate terroristiche, la Commissione di Venezia, ritiene che “il concetto di ‘connessione’ sia stato definito in modo troppo ampio” e la sua applicazione non richiede un legame rilevante con tali organizzazioni. Un’altra misura criticata dalla Commissione di Venezia è quella che consente di detenere fino a 30 giorni i sospetti senza un controllo da parte dei giudici. Infine l’organismo “è preoccupato del fatto che non è chiaro se la Corte Costituzionale ha il potere di controllare approfonditamente la costituzionalità dei decreti legge d’emergenza”. Un potere dice la Commissione di Venezia “che deve avere“.