Trump firma i dazi su alluminio e acciaio

Proteggo i lavoratori americani, proteggo la sicurezza nazionale”. Donald Trump conferma la sua linea difensiva e annuncia, di fatto, il via libera ai dazi doganali (25% sull'acciaio, 10% sull'alluminio) sulle importazioni dall'estero. Una mossa che lo contrappone a gran parte degli osservatori finanziari e di mercato (e anche a Mario Draghi), ponendo il baluardo dell'articolo 232 sulla sicurezza nazionale e varando un provvedimento che sarà attivo entro 15 giorni. Dando l'annuncio alla Casa Bianca, alla presenza dei rappresentanti di entrambe le categorie, Trump ha tracciato le linee guida del suo piano protezionista, riservandosi una certa flessibilità con l'abbassamento o l'innalzamento dei dazi a seconda delle esigenze e l'esenzione di alcuni Paesi. Non è chiaro quanti al momento, ma tra questi dovrebbero esserci l'Australia, il Canada e il Messico. Gli ultimi due, in particolare, erano stati già nominati dal consigliere per il Commercio estero, Peter Navarro, come possibili esentati (provvisori) in quanto Paesi “amici e alleati”, nonostante entarmbi siano grandi esportatori di acciaio e alluminio negli Stati Uniti. A quanto pare, la loro esenzione verrà negoziata sulla rivisitazione degli accordi commerciali per il Nord America, i Nafta.

La motivazione

Il presidente degli Stati Uniti ha motivato la sua scelta su un piano prettamente economico in quanto l'America, ha spiegato, potrebbe trovarsi a dover dipendere dalle importazioni di entrambi i metalli a causa del loro largo impiego nelle produzioni di armamenti bellici: per questo il Tycoon ha optato per una tale soluzione, presa per l'appunto allo scopo di preventivare un'eventuale perdita di autosufficienza. “Abbiamo amici e anche dei nemici – ha spiegato Trump annunciando la firma dei dazi – che si sono approfittati enormemente di noi da anni su commercio e difesa. Se guardiamo la Nato, la Germania paga l'1% e noi paghiamo il 4,2% di un pil molto più importante. Questo non e' giusto”.

Le reazioni

Va da sé che la posizione del Tycoon ha incontrato diverse remore fra i principali organi della comunità internazionale, prima fra tutti l'Unione europea, al centro di una proposta di flessibilità poco chiara: “Deploriamo profondamente l'annuncio di Trump sui dazi – ha spiegato in un tweet il presidente del gruppo Ppe all'Europarlamento, Manfred Weber -. L'Ue non vuole una guerra commerciale. Ma non accetteremo questo comportamento aggressivo dagli Usa senza reagire. L'Europa deve essere chiara e ferma ma proporzionata nella sua risposta agli Usa”. Nel frattempo, le delegazioni di undici Paesi del Pacifico (Australia, Brunei, Canada, Cile, Giappone, Malaysia, Messico, Nuova Zelanda, Perù, Singapore e Vietnam) si sono incontrate in Cile per firmare il Comprehensive and progressive agreement for Trans-Pacific partnership (Cptpp), un patto commerciale di fatto in funzinoe anti-Stati Uniti, in quanto prenderebbe il posto del vecchio Tpp che venne stipulato in accordo con gli americani.