Tillerson tiene sulle spine l’Iran: “Senza verifiche rischia di prendere la strada della Nord Corea”

Bastone e carota. Sembra essere questa la linea adottata da Donald Trump nei confronti dell’Iran. Se da una parte l’amministrazione repubblicana ha notificato al Congresso che Teheran sta rispettando l’accordo sul nucleare del 2015, come confermato dall’Aiea, e che gli Usa hanno quindi prorogato la rimozione delle sanzioni, dall’altra ha ordinato una verifica completa dell’intesa. Perché, ha sottolineato Rex Tillerson, l’Iran “resta uno Stato sponsor del terrorismo attraverso molte piattaforme e metodi” e “senza verifiche potrebbe prendere la strada della Corea del Nord“. Gli Usa, ha aggiunto il segretario di Stato, devono dunque “ogni minaccia posta dall’Iran, che continua a passare il tempo a destabilizzare la pace“.

La verifica degli accordi del 2015 è stata confermata dal portavoce di Trump, Sean Spicer. A condurla, entro 90 giorni, saranno varie agenzie federali Usa sotto la guida del Consiglio per la sicurezza nazionale. L’obiettivo è accertare ulteriormente il rispetto dell’intesa da parte dell’Iran e se la rimozione delle sanzioni sia negli interessi della sicurezza nazionale Usa. Alla domanda se Trump sia preoccupato che l’Iran possa “imbrogliare”, Spicer ha risposto che il presidente americano “sta facendo una cosa prudenziale, chiedendo una verifica dell’attuale accordo”. “Se avesse pensato che tutto era ok non lo avrebbe fatto“, ha però ammesso Spicer. “Parte della verifica dell’accordo è per stabilire se l’Iran lo rispetta e per formulare raccomandazioni sulla strada da seguire”, ha aggiunto il portavoce.

In questo modo il tycoon tiene sulla graticola Teheran, riservandosi eventuali decisioni o ripensamenti. In campagna elettorale Trump aveva criticato l’accordo definendolo “il peggiore mai negoziato” ma aveva espresso opinioni diverse sul da farsi, ossia se uscire dall’intesa, modificarla o tenerla in vita con un controllo più rigido. Ora sembra volersi tenere aperte tutte le porte per far sentire il fiato sul collo a Teheran. L’accordo era stato siglato a Vienna nel luglio del 2015 dopo 18 mesi di negoziati tra l’Iran e sei Paesi (Usa, Russia, Gran Bretagna, Francia, Germania e Cina).