Tillerson apre a Pyongyang

Sì al dialogo ma a patto che i missili si fermino. Questo il senso della dichiarazione del segretario di Stato americano, Rex Tillerson, in merito alla posizione degli Stati Uniti nei confronti della Corea del Nord: disponibilità a collqui esplorativi e senza precondizioni, nel pieno rispetto della risoluzione diplomatica auspicata dalla Comunità internazionale, ricevendo da Pyongyang la medesima predisposizione sull'eventuale regressione dal programma nucleare tuttora in fase di sviluppo. Un obiettivo certamente non semplice ma che, in un momento di forte tensione fra Kim e il resto del mondo, potrebbe rappresentare un segnale incoraggiante per l'immediato futuro. La condizione cardine posta da Tillerson a ogni modo, verte su un periodo di “silenzio nucleare” necessario affinché il terreno per il confronto sia perlomeno percorribile da entrambe le parti.

“Pronti quando lo sono loro”

Insomma, a dispetto dei recenti toni accesi fra Washington e Pyongyang, il segretario di Stato ha parlato degli Usa come “disponibili a parlare non appena sono pronti loro”, intimando però al regime di “fare una scelta”. Il che, tradotto, significa rinunciare al programma atomico e dimostrarsi aperti a un dialogo costruttivo: una sorta di ritorno sull'idea iniziale di Tillerson di aprire con la Corea del Nord dei canali di comunicazione, proposta che il presidente Trump aveva bollato come una perdita di tempo. Dal canto suo, l'attuale segretario ha insistito sulla necessità di un colloquio pacifico con Kim, invitando i vertici nordcoreani “a parlare magari del tempo” per poi sedersi assieme e tracciare “una mappa dei punti sui quali si può lavorare”.

Il quadro

Pur restando la divergenza di vedute con Trump, Tillerson si è detto consapevole, al pari del presidente, di come “non sia realistico dire che parleremo solo se la controparte verrà al tavolo pronta a rinunciare al tuo programma”. Questo perché, ha sottolineato, “hanno investito troppo in questo” e “anche il presidente è molto realista a riguardo”. D'altra parte, da Pyongyang è stato più volte chiaramente specificato che il regime non è interessato a qualsivoglia dialogo prima che la Corea del Nord abbia raggiunto lo status di potenza atomica in grado di colpire gli Stati Uniti, ponendo questa come necessaria condizione per un dialogo “da pari a pari”. E' anche vero, però, che dopo il lancio del Hwasong-15 e la decantazione della propria potenza missilistica, Pyongyang aveva dichiarato di aver raggiunto tale rango.

“Serve tranquillità”

L'obiettivo, almeno a breve termine, è dunque cercare un terreno d'incontro con la Corea del Nord. Un'impresa che potrebbe rivelarsi piuttosto complessa, un po' per il parziale disaccordo tra la versione di Tillerson e altri funzionari statunitensi, i quali aveva chiaramente affermato che qualsiasi dialogo sarebbe necessariamente passato dalla cessazione del programma nucleare, un po' per l'atteggiamento generale nei confronti di Pyongyang, con l'ipotesi tuttora in piedi di sanzioni estremamente dure dopo l'ultimo test missilistico. E, su tale punto, Tillerson cerca di mantenere equilibrio: “E' importante che lo sforzo diplomatico sia sostenuto con un'alternativa militare molto credibile – ha detto -. Il presidente intende assicurarsi che non abbiano un'arma nucleare in grado di raggiungere gli Stati Uniti… Sarebbe dura parlare se nel bel mezzo dei nostri discorsi decidessero di testare un altro dispositivo. Quindi continuiamo a indicare loro che abbiamo bisogno di un periodo di tranquillità”.