TENSIONE ALLE STELLE IN TURCHIA: NEL PAESE E’ CACCIA AL CURDO

Tensione in Turchia e Siria dopo gli ultimi attacchi del Pkk curdo e la conseguente reazione militare di Ankara. E per la prima volta gli analisti parlano del rischio di arrivare a una guerra civile. Ormai nulla sembra poter fermare il nazionalismo strisciante che imperversa nel Paese in cui si odono slogan inneggianti alla violenza come “Non vogliamo operazioni, vogliamo un massacro”. Mai era accaduto in 30 anni di lotte tra gli estremisti curdi e il governo turco (con un bilancio di 40mila morti) che si arrivasse a episodi di intolleranza etnica come quelli registrati in questi giorni. Nelle ultime 48 ore  semplici civili, operai, agricoltori sono stati aggrediti per il fatto di essere curdi (o per essere ritenuti tali dagli aggressori). Un uomo è stato accoltellato alla schiena, un altro picchiato e obbligato a baciare la statua di Ataturk. Pullman provenienti dal Sudest sono stati fermati con la forza da parte di gruppi di uomini che hanno controllato l’identità dei passeggeri.

Secondo gli osservatori, lo scenario che si prospetta nelle prossime settimane rischia di essere particolarmente tetro. “Sembra che ci aspettano dei giorni catastrofici” scrive il giornalista Hakan Aksay sul portale informativo T24. “Da una parte perdiamo continuamente vite umane a causa della guerra intestina e del terrorismo, dall’altra è iniziata una caccia all’uomo per le strade. La caccia al curdo”, scrive il giornalista. Un altro collega, Ismail Saymaz ha scritto invece su Twitter: “Questo vortice di violenza finirà per invitare la guerra civile e un golpe militare. L’utilizzo di armi non può essere giustificato in alcun modo, il Pkk deve abbandonare immediatamente le armi”.

Nella giornata di ieri più di un centinaio di sedi del partito filo-curdo democratico del popolo (Hdp) sono stati presi d’assalto da orde di uomini muniti di spranghe e sassi che hanno appiccato il fuoco in alcuni uffici della formazione politica. L’Hdp, che alle ultime elezioni ha ottenuto il 13% dei voti sbarrando la strada al governo monocolore dell’Akp, si trova al centro degli attacchi verbali del presidente Tayyip Recep Erdogan e del premier Ahmet Davutoglu da diverse settimane. I due leader attribuiscono la responsabilità degli attentati del Pkk anche all’Hdp, accusandolo di esserne un avamposto. Il co-leader dell’Hdp, Selahattin Demirtas, respingendo le accuse, oggi ha affermato che gli attacchi alle sedi del partito sono opera di “agitatori coordinati dall’Akp e dai servizi segreti” ed ha rivolto un appello alla popolazione: “Mi rivolgo ai cittadini coscienziosi della Turchia. Quelli che cercate di ardere vivi sono le persone che fino a ieri chiamavate ‘fratello’. Questo è il momento di dimostrare la fratellanza”.

Sta però di fatto che l’Hdp si ritrova al centro di due fuochi. Se da una parte l’Akp lo accusa di essere “affiliato con i terroristi”, dall’altra il Pkk non sembra tenere in alcun conto gli appelli dell’Hdp rivolti a interrompere gli attacchi. Una situazione che l’analista Ahmet Insel spiega affermando che “il governo dell’Akp, vuole ottenere nuovamente la possibilità di tornare da solo al governo e per questo utilizza il classico approccio dello ‘stato di sicurezza’ facendo in modo che la paura e gli istinti nazionalistici prendano il sopravvento. Di fronte a questa forza che si concede di versare del sangue per restare al potere, il Pkk cerca di dimostrare che non ha perso la sua capacità di opposizione e che rappresenta ancora la forza egemonica nel Sudest del Paese e nell’arena politica curda. Entrambe le parti sono accomunate dallo sforzo di dimostrare che l’Hdp ha perso la sua rappresentatività”.