Teheran in piazza contro gli Usa

E'una protesta in massa quella che ha letteralmente invaso la città di Teheran, con decine di migliaia di persone scese in strada per protestare contro “i crimini degli Stati Uniti”, con evidente riferimento alla morte in un raid del generale Qasem Soleimani, uomo-chiave delle milizie di al-Quds (che guidava dal 1998) e dello scacchiere mediorientale, considerato fautore della riorganizzazione sciita fra Iraq e Libano. Non a caso, poche ore dopo la sua uccisione a Baghdad, il leader di Hezbollah ha giurato vendetta, mentre l'ambasciata americana in Iraq disponeva l'immediato ordine di allontanamento dal Paese dei cittadini americani. Un'inevitabile deriva, quella in corso a Teheran, della morte di una delle persone più popolari nel Paese, ritenuto uno dei massimi esponenti militari e, nondimeno, una delle principali personalità iraniane, tanto da averlo accostato più volte alle principali cariche politiche. Nel frattempo, da più parti si fa appello alla moderazione. Anche la Farensina ha spiegato che “gli ultimi sviluppi della situazione in Iraq sono molto preoccupanti: Negli ultimi giorni abbiamo assistito ad una pericolosa escalation culminata nell'uccisione del Generale iraniano Soleimani. L'Italia lancia un forte appello perché si agisca con moderazione e responsabilità, mantenendo aperti canali di dialogo, evitando atti che possono avere gravi conseguenze sull'intera regione. Nessuno sforzo deve essere risparmiato per assicurare la de-escalation e la stabilità”.

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Le ragioni americane

Dagli Stati Uniti, intanto, continuano ad assicurare che la morte di Soleimani sia stata decisa per garantire la sicurezza del Paese: “Soleimani stava lavorando a un attacco imminente sulla regione – ha detto il segretario di Stato Mike Pompeo -. La decisione di Trump ha salvato molte vite umane. Abbiamo agito sulla base di informazioni di intelligence”. Il presidente, da parte sua, ha spiegato che Soleimani avrebbe dovuto essere ucciso già molti anni fa, tentando di resistere alle rimostranze internazionali su un'azione da più voci ritenuta pericolosa e in grado di stravolgere tutti gli equilibri in Medio Oriente: “Il generale Qassem Soleimani è il responsabile della morte di migliaia di americani. Stava progettando di ucciderne molti altri. Non glielo abbiamo permesso”. Anche i democratici americani criticano l'operazione anche se, a ben vedere, si tratta di una critica prudente, mirata più che altro a sollevare obiezioni sul mancato passaggio attraverso il Congresso.