Stretta sull’immigrazione: vip, finanza, leader politici e religiosi contro Trump

Da Rihanna all’Onu, passando per Jp Morgan e John Legend. Vip e potenti prendono posizione dopo l’ordine esecutivo con cui Donald Trump ha rafforzato i controlli ai confini e sospeso per 120 giorni gli arrivi da 7 Paesi musulmani considerati a rischio terrorismo. Un provvedimento che tanti considerano contrario non solo alla costituzione Usa ma alla stessa vocazione dell’America, nata come “terra delle opportunità“, come “nazione dell’immigrazione“.

Vip inferociti

Decisamente fuori dalle righe il commento di Rihanna, che per protesta ha chiuso il suo profilo Twitter con un cinguettio che più eloquente non si può: “Sono disgustata – ha scritto la popstar afroamericana – è una notizia devastante. L’America si sta distruggendo davanti ai nostri occhi. Che maiale immorale devi essere per alimentare questo business!”. Non ha lesinato parole al vetriolo – sia pur con toni meno volgari – nemmeno John Legend: “Incoraggiamo tutti a parlare contro Trump, sosteniamo le organizzazioni che si occupano degli immigrati e dei rifugiati. Lui è un nemico della democrazia, della libertà e dell’inclusione. Così facendo perderà” ha detto il cantante e compositore, protagonista e produttore di “La La Land”, candidato a 14 premi Oscar. Nei giorni scorsi anche Madonna si era nuovamente schierata contro il Presidente. “Sono arrabbiata – aveva detto la cantante, secondo quanto riporta il Telegraph -. Sì, sono indignata. Sì, ho pensato moltissimo a far saltare in aria la Casa Bianca. Ma so che questo non cambierebbe le cose”. Pronta era arrivata la replica dell’ex tycoon: “E’ disgustosa. Ciò che ha detto è vergognoso per il nostro Paese”.

Tradito da Wall Street

Ma le critiche che fanno più male al leader della Casa Bianca provengono dal mondo della finanza, frequentato da Trump sino a pochi mesi fa. “Gli Stati Uniti beneficiano della ricchezza della diversità del mondo che ci circonda – ha scritto Jp Morgan in una mail ai dipendenti riportata dal Financial Times – con oltre 140 mila dipendenti nel Paese, siamo lieti del lavoro e degli sforzi per mantenere il Paese sicuro. Allo stesso modo sappiamo che il nostro Paese e la nostra economia sono rafforzati dalla diversità che ci circonda”. Critica anche Goldman Sachs: “Il decreto di Trump sull’immigrazione non è una politica che sosteniamo – ha sottolineato l’ad Lloyd Blankfein – La diversità non è un’optional. Essere diversi è ciò che dobbiamo essere”.

Le sfide di Starbucks e Google

Schierato a favore dei rifugiati anche Starbucks, noto franchising di caffetterie a livello mondiale. In una lettera ai dipendenti il ceo Howard Schultz ha annunciato l’assunzione di 10 mila profughi nei punti vendita presenti in tutto il pianeta, cominciando dagli Usa dove la priorità verrà data agli immigrati “che hanno servito con le forze americane come interpreti o personale di supporto”. Ma non è l’unico colosso a ribellarsi al tycoon: Google ha infatti stanziato un fondo da 4 milioni di dollari per gli immigrati e i rifugiati colpiti dalla misura restrittiva.

Leader mondiali

Prosegue anche la presa di distanze da parte della comunità internazionale.  “Il bando nei confronti di 7 Paesi islamici è illegale e meschino” ha accusato l’Alto commissario del Consiglio per i diritti umani dell’Onu, Zeid Ra’ad al Hussein. “Questa è l’Unione europea e noi non discriminiamo sulla base della nazionalità, della razza o della religione, non solo per l’asilo ma per qualsiasi altra nostra politica. La Commissione ed il presidente Juncker hanno costantemente ribadito il nostro attaccamento a questi principi” ha dichiarato, invece, il portavoce della Commissione Ue, Margaritis Schinas. Bocciatura anche da parte dell’Unione Africana per la quale la nuova politica migratoria americana costituisce “una delle più gravi sfide nei confronti del continente africano. Proprio il Paese (gli Usa, ndr) nel quale molta della nostra gente è stata portata in schiavitù, quando c’era il commercio transatlantico degli schiavi, ora ha deciso di mettere al bando i rifugiati da alcuni dei nostri Paesi” ha dichiarato la presidente Dlamini-Zuma, moglie del presidente sudafricano Jacob Zuma. Il Canada, da parte sua, ha offerto soggiorno temporaneo a tutte le persone a cui è stato rifiutato l’ingresso negli Stati Uniti. Lo ha fatto sapere il ministro dell’immigrazione Ahmed Hussen. “Vorrei rassicurare coloro che sono bloccati in Canada – ha detto il ministro, che è un rifugiato somalo – userò la mia autorità di ministro per fornire loro residenza temporanea se ne avranno bisogno, cosi’ come abbiamo fatto in passato”. Il primo ministro Justin Trudeau aveva subito reagito su Twitter: “A coloro che scappano da persecuzione, terrore e guerra, i canadesi vi accoglieranno, a prescindere dalla vostra fede. La diversità è la nostra forza. #WelcometoCanada“.

La bocciatura dei cristiani

Ci sono, poi, le critiche che arrivano dal mondo cristiano. Con rare eccezioni, leader cattolici, evangelici, episcopali e di altre denominazioni protestanti hanno criticato il bando, paventando un incitamento alla guerra di religione. “Crediamo che bisogna assistere tutti, a prescindere dalla fede”, ha detto il vescovo Joe Vásquez, presidente del comitato per le migrazioni della Conferenza Episcopale cattolica, mentre Jen Smyers, responsabile delle politiche migratorie al Church World Service, ong affiliata con decine di denominazioni cristiane, ha parlato di “giorno della vergogna per l’America”. A Chicago, il cardinale arcivescovo Blaise Cupich ha lanciato un monito a Trump: “Il mondo ci guarda mentre abbandoniamo il nostro impegno verso i valori americani”. Cupich, che Papa Francesco ha insediato a capo della terza diocesi cattolica degli Usa, ha parlato di “un’ora buia nella storia dell’America” e definito “contrario ai valori cattolici e a quelli americani” l’ordine di Trump. Analoga condanna è venuta dall’arcivescovo di Newark in New Jersey, Thomas Joseph Tobin, che ha parlato di politiche “inumane” e “irrazionali”. “Non cristiane, contrarie al Vangelo”, ha stigmatizzato, sulla rivista dei gesuiti “America” padre James Martin, il religioso che ha consigliato Martin Scorsese nel suo ultimo film, “Silenzio”. Pochi leader cristiani hanno preso le parti del tycoon il cui ordine, in lavorazione da mesi, è rimasto segreto fino a dopo la firma, ha rivelato oggi il Wall Street Journal, creando caos nella sua applicazione. Uno dei pochi è stato il reverendo Franklin Graham, figlio del leggendario predicatore Billy Graham, un evangelico che da tempo denuncia “il cancro” dell’Islam e mesi prima che Trump lo facesse proprio aveva proposto il bando dei musulmani alle frontiere: “Dobbiamo essere sicuri che le loro filosofie in materia di libertà sono in linea con le nostre”, ha detto Graham difendendo le misure ordinate dalla Casa Bianca.