Strage di Capodanno, Masharipov: “Sono arrivato al Reina per morire”

“Sono arrivato al Reina per morire”. Lo ha detto il killer di Capodanno Abdulkadir Masharipov agli investigatori. L’uzbeko continua a parlare, svelando nuovi dettagli della preparazione dell’attacco rivendicato dall’Isis, in cui sono state uccise 39 persone. Secondo la sua testimonianza, riportata dai media locali, il piano iniziale prevedeva un attentato kamikaze: “Mi è stato ordinato di compiere un attacco suicida a Taksim. È per questo che sono venuto a Istanbul”.

Dopo aver cambiato obiettivo per le rigide misure di sicurezza nella centralissima piazza, e non aver ricevuto l’esplosivo come previsto, il killer pensava comunque di compiere un attentato kamikaze durante l’azione al nightclub “Reina”, credendo che le granate stordenti, lanciate verso la folla, fossero delle vere granate. “Quando ho visto che diffondevano solo luce, sono scappato”, ha spiegato Masharipov. Stando a quanto affermato dal terrorista lo studio del luogo della strage è avvenuto attraverso immagini anche dell’interno della discoteca, inviategli dai suoi contatti a Raqqa, la”capitale” dell’Isis in Siria. In queste ore, gli investigatori stanno cercando di ricostruirne l’origine per svelare eventuali complicità.

Proseguono intanto le indagini. Le tre donne trovate nel covo di Istanbul dove Masharipov al momento del suo arresto, sarebbero state una “ricompensa” del Daesh per l’attentato al nightclub. Lo riportano media turchi, citando fonti dell’inchiesta. Le tre – identificate come la 27enne senegalese Dina A., la 26enne egiziana Tene Trare e la 27enne somala Aysha M. – sarebbero state reclutate dal sedicente Stato islamico, con una prospettiva di prossimo trasferimento nei territori che controlla in Siria.

Complessivamente, durante la caccia all’uomo sono state almeno 20 le cellule dell’Isis scovate nella periferia europea della metropoli sul Bosforo. Intanto, non si fermano i blitz contro la rete di presunti fiancheggiatori di Masharipov. L’antiterrorismo ha arrestato nella provincia nordoccidentale di Bursa altri 27 sospetti militanti del Califfato, tra cui 15 donne, per lo più originari di Uzbekistan, Tagikistan, Kirghizistan e della minoranza turcofona e musulmana degli uiguri in Cina.