Stop al Daca, un giudice blocca Trump

Dovrà aspettare ancora, Donald Trump, per archiviare il Deferred action for childhood arrivals, meglio noto come “Daca”: il provvedimento che varò l'allora presidente Barack Obama e che tutela i giovani immigrati dalla deportazione, non può essere infatti eliminato sulle posizioni attualmente impostate dall'inquilino della Casa Bianca, definite “non corrette” dal giudice di Brooklyn Nicholas Garaufis. In sostanza, pur avendo il diritto di mettere fine al programma del suo predecessore, non starebbe ponendo le “motivazioni legali adeguate” per poterlo applicare. Una posizione del tutto speculare a quella che, un mese fa, prese un magistrato della Corte di San Francisco poiché l'intento della Casa Bianca poggerebbe esclusivamente sulla conclusione legale che il Daca sia incostituzionale e in violazione dell'Immigration and Nationality act, non corretta perché “è semplicemente stato implementato da un'azione esecutiva unilaterale senza espressa autorizzazione del Congresso”.

O'Malley: “Nostra posizione non cambia”

In pratica, la situazione attuale impedisce al Tycoon di mettere la parola “fine” al Daca entro la data del 5 marzo, come inizialmente era stato previsto anche se, quasi certamente, la Casa Bianca ricorrerà in appello. Il portavoce del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, Devin O'Malley, ha ribadito che il programma è stato implementato unilateralmente dal predecessore di Trump “dopo che il Congresso ha rifiutato di estendere questi benefici a questo stesso gruppo di stranieri clandestini”, e che tale circostanza ha eluso illecitamente Capitol Hill. Per questo “il DoJ continuerà a difendere con forza questa posizione e attende con impazienza di rivendicare la sua posizione in ulteriori contenziosi”, ha affermato O'Malley. Va detto che con il Daca, applicato nel 2012 e annullato a settembre dall'attuale presidente, è stato posto un brusco freno alle espulsioni e un incremento dei posti di lavoro.

Schneiderman: “Importante passo avanti”

Secondo l'amministrazione, i cosiddetti “dreamers” sarebbero stati portati illegalmente negli Stati Uniti proprio grazie al programma. In una nota, il democratico Eric Schneiderman (attorney general di New York) ha spiegato che “la sentenza della corte federale è una vittoria per oltre 42 mila 'dreamers' di New York e oltre 700 mila in tutto il paese”. Schneiderman ha però sottolineato che “c'è ancora molto lavoro da fare per preservare in modo permanente il programma e proteggere milioni di famiglie americane, aziende, ospedali e università… ma oggi è un importante passo avanti in questa lotta”.