Sospetti legami col Pkk, arrestato un altro sindaco curdo nell’est della Turchia

Un altro sindaco curdo è stato arrestato nell’est della Turchia per possibili legami con il Pkk. Secondo l’agenzia statale Anadolu, l’antiterrorismo ha fermato il primo cittadino di Bitlis, Huseyin Olan, e la sua co-sindaca Nevin Dasdemir Dagkiran. Finora, calcolano fonti curde, erano stati arrestati almeno 39 co-sindaci del partito Dbp, branca locale del filo-curdo Hdp, mentre in almeno 34 Comuni del sud-est gli amministratori eletti sono stati sostituiti da commissari governativi.

Ankara intanto ha accusato il Pkk di essere dietro l’attacco compiuto ad Adana dove l’esplosione di un autobomba nel parcheggio degli uffici del governatore locale ha provocato almeno 2 morti e 33 feriti, di cui 5 risultano gravi. Nell’esplosione, causata secondo il governatore locale da una donna kamikaze, sono rimasti danneggiati anche auto ed edifici vicini. Come avviene regolarmente in Turchia in caso di attacchi terroristici, le autorità per le telecomunicazioni hanno imposto ai media una censura temporanea.

La recente svolta autoritaria inferta da Erdogan preoccupa l’Europa, pronta a votare la sospensione dei colloqui per l’ingresso di Ankara nella Ue. “Se l’Occidente chiama qualcuno dittatore, per me è una brava persona – ha detto il presidente turco – perché così chiama chiunque lo critichi”. Sullo stop ai negoziati, le opposizioni appaiono divise. Il partito filo-curdo Hdp, il più colpito dal pugno duro post-golpe, si dice “a favore di un congelamento temporaneo dei negoziati” come “primo passo”, invitando Bruxelles anche a pensare a “sanzioni economiche che colpiscano il governo e non la popolazione”.

Ma i socialdemocratici del Chp, prima forza di opposizione in Parlamento, temono che a pagarne il prezzo non sarà solo l’esecutivo: “L’Europa deve capire che la Turchia è più grande di Erdogan. La Turchia è un Paese integrato con l’Occidente. Se voltiamo le spalle all’Europa avremo problemi”. Il riferimento è all’ultima provocazione lanciata da Erdogan: un accordo con l’Organizzazione per la cooperazione di Shangai, organismo intergovernativo guidato da Russia e Cina.