Seggi aperti: in lizza 38 liste

Oltre 5 milioni di catalani sono chiamati alle urne per il rinnovo del Parlament. Si tratta di un voto delicatissimo che arriva dopo tre mesi di fuoco nella regiona autonoma spagnola. Prima la vittoria del “Sì” al referendum pro indipendenza, poi il fallimento delle trattative con Madrid che ha portato l'ex presidente Carles Puigdemont a proclamare unilateralmente la nascita della repubblica catalana, infine l'applicazione, da parte del governo Rajoy, dell'articolo 115 della costituzione con la destituzione dell'intero esecutivo, lo scioglimento anticipato del parlamento di Barcellona e l'indizione di nuove elezioni. Nel mezzo gli arresti di numerosi leader secessionisti e la “fuga” di Puigdemont in Belgio. 

In corsa

In lizza ci sono 38 liste. Diciotto candidati indipendentisti alle elezioni sono incriminati per “ribellione” e “sedizione” per avere portato avanti il progetto politico dell'indipendenza, il vicepresidente Oriol Junqueras, capolista di Erc, secondo i sondaggi probabile vincitore delle elezioni, è in carcere a Madrid con altri tre dirigenti secessionisti

Possibili scenari

A poche ore dall'apertura delle urne un terzo dell'elettorato era ancora indeciso. Un dato che costringe alla prudenza rispetto alle previsioni dei sondaggi. Se vincerà il fronte della secessione con una maggioranza assoluta di almeno 68 seggi, dovrebbe riprendere il cammino verso la “repubblica”. Ma in forma molto diversa. Scottati dal pugno duro di Madrid, le due grandi liste indipendentiste – JxCat di Puigdemont e Erc di Junqueras – propongono di mettere da parte l'unilateralità e di puntare tutto sul negoziato con lo Stato spagnolo. Puigdemont e Junqueras, dopo le tensioni della notte che precedette la dichiarazione di indipendenza sono però oggi avversari nella corsa alla presidenza. Che però forse nessuno dei due potrà occupare. Potrebbe allora essere eletta la numero 2 di Erc Marta Rovira. Se arriverà prima la lista unionista di Ciudadanos – i sondaggi non lo escludono – la capolista Ines Arrimadas, che ha capitalizzato sulla rinascita del nazionalismo spagnolo anche in Catalogna, dovrà tentare di formare un esecutivo fragile e di minoranza con socialisti e popolari.

Missione difficile

Gli analisti prevedono tempi di difficile governabilità e non escludono un ritorno alle urne fra tre mesi se dal voto non uscirà una maggioranza chiara. Chiunque vinca, ha avvertito il direttore di La Vanguardia Marius Carol, dovrà “gettare le basi di un governo di transizione che si ponga l'obiettivo di recuperare le istituzioni catalane, far tornare tutti a casa, rimettere in piedi l'economia e ricucire il tessuto sociale“.