Sanzioni Onu, Pyongyang: “Contro gli Usa una vendetta mille volte più grande”

“La nostra vendetta contro gli Stati Uniti per le dure sanzioni Onu sarà mille volte più grande”. La risposta del regime di Pyongyang dopo il giro di vite varato dal Palazzo di Vetro non si è fatta attendere ed ha, ancora una volta, il sapore di una minaccia. La Corea del Nord, in un comunicato, afferma che le misure volute da Washington non la costringeranno mai a “trattare sul programma nucleare“.

Timori

Nella comunità internazionale c’è preoccupazione per una crisi dagli esiti incerti, potenzialmente militari. A farne le spese potrebbe essere la Corea del Sud, storica alleata degli Usa. In una dichiarazione congiunta di Donald Trump e Moon-Jae-in, seguita a un colloquio telefonico, i due presidenti hanno ribadito che “la Nordcorea rappresenta una crescente minaccia, seria e diretta, contro gli Stati Uniti, la Corea del Sud e il Giappone, così come contro gran parte dei Paesi nel mondo”. Da parte sua Mosca, dopo le incertezze iniziali, ha aderito al pacchetto di sanzioni e ora invita tutte le parti coinvolte a “evitare l’uso della forza” e “cercare metodi politici e diplomatici per risolvere i problemi che la regione sta affrontando, inclusa la denuclearizzazione della penisola coreana”. L’invito a percorrere la via del negoziato e non quella della guerra è arrivato dal ministro russo degli Esteri, Serghiei Lavrov, che si è rivolto all’omologo nordcoreano Ri Yong-ho durante un vertice svoltosi a Manila.

Il Dragone più vicino

Decisivo per l’ok alle sanzioni è stato l’accordo con la Cina, principale alleato e partner commerciale di Kim-Jong-un. Pur mantenendo un occhio di riguardo nei confronti di Pyongyang, Pechino negli ultimi mesi si è progressivamente avvicinata alle posizioni occidentali, fino ad arrivare a richiamare gli alleati, invitandoli a “porre fine alle provocazioni“. Il nuovo corso del Dragone si vede anche da un’altra importante iniziativa, l’apertura a possibili negoziati con i Paesi vicini sulla questione del Mar Cinese Meridionale. Obiettivo: mettere la parola fine sulle dispute marittime che sempre più rischiano di trasformare la regione in un pericoloso focolaio. La svolta è andata in scena a Manila nel corso del vertice dell’Asean (l’organizzazione che raggruppa dieci stati dell’area del sudest asiatico compresa la Corea del Nord), dove il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha assicurato che i colloqui per arrivare a un patto potranno già partire quest’anno: a patto che “parti esterne” non causino “turbamenti”. Un chiaro avvertimento agli Usa spesso accusati di interferenze.

La proposta

L’idea è quella di un patto di non aggressione che coinvolga tutti – dal Giappone alla Corea del Sud passando per Vietnam, Indonesia e Filippine – e volto a prevenire eventuali scontri in una delle aree più contese del pianeta. In particolare il ministro degli esteri cinese ha spiegato che l’inizio delle trattative per arrivare a un “codice di condotta” potrebbe essere annunciato dai capi di stato dell’Associazione delle nazioni del sudest asiatico già a novembre, quando si incontreranno nelle Filippine per il summit annuale. Soddisfazione èstata espressa anche dal segretario di stato americano, Rex Tillerson, che però è tornato a mettere in guardia Pechino: “I Paesi nell’area del Mar Cinese Meridionale – ha detto – dovrebbero sospendere i lavori per il miglioramento, l’ampliamento o la militarizzazione dei loro avamposti in modo che l’iter per una soluzione diplomatica alle dispute nella regione possa fare progressi“.