Rudd apre a un secondo referendum

Per la prima volta un esponente del governo britannico apre alla possibilità di un secondo referendum sulla Brexit, nel caso la porposta di accordo con l'Ue dovesse essere respinta dai Comuni

Opzione plausibile

Si tratta della ministra del Lavoro, Amber Rudd. “Non voglio un voto popolare o un referendum in generale, ma se il Parlamento non riesce a trovare un vasto consenso, allora in questo potrei vedere un argomento plausibile per tenerlo”, ha affermato in un'intervista a Itv. “Il Parlamento deve trovare una maggioranza su come lasciare l'Ue – ha ribadito – Se non ce la fa, allora posso vederlo come un argomento per tornare a interpellare la gente, per quanto questo turberebbe molti dei miei colleghi”. 

Un coro di “no”

Immediato è arrivato lo stop da parte di Andrea Leadsom, leader alla Camera dei Comuni, che ha ricordato ai colleghi di gabinetto che non è questa la linea di Londra. La premier, Theresa May, ha escluso il ritorno alle urne, sostenendo la scorsa settimana che “un altro voto comporterebbe danni irreparabili all'integrità delle nostre politiche, perché vorrebbe dire a milioni che hanno fiducia nella democrazia che la nostra non funziona”. La Rudd è poi tornata sull'argomento con un tweet, ribadendo che la strada è quella di “trovare una maggioranza parlamentare su come uscire”. 

Vista da Putin

Sull'ipotesi di un secondo referendum è intervenuto anche Vladimir Putin durante la conferenza di fine anno a Mosca. “Qualcuno non ha gradito il risultato e quindi si vota di nuovo? Questa è democrazia?”, si è chiesto, assicurando che la Brexit avrà un impatto “minimo e indiretto” sulla Russia. Il leader del Cremlino ha poi espresso sostegno a May. “Capisco la posizione del primo ministro britannico, che sta combattendo per la Brexit: il referendum si è svolto, cosa può fare lei? Deve soddisfare la volontà delle persone espressa nel referendum”. Putin ha comunque tenuto a sottolineare che quanto accade intorno al processo di uscita di Londra dell'Ue non riguarda la Russia e che i britannici “devono decidere da soli”.