Ricostruzione di Gaza. Vale più un mattone che una vita umana

I morti ammontano a più di duemila. Gli scontri sono stati densi, sanguinosi, deleteri per le persone e per le cose. I rapporti che il conflitto tra Hamas e Israele si lascia alle spalle sono distrutti e non saranno mai più ricostruiti. Non saranno ripristinate neanche le vite, o le menti dei bambini bombardate da notti infinite o le memorie lasciate contaminate dal dolore e dalle carenze. Ma le case forse si, quelle saranno ricostruite. E per farlo ci vorranno vent’anni e ben 6 miliardi di dollari. A mettere in circolazione i dati su tempi e costi di ricostruzione di Gaza, territorio esteso 360 chilometri quadrati e patria di quasi due milioni di persone, è un rapporto diffuso da Cluster Shelter, ONG affiliata alle Nazioni Unite. Le unità abitative distrutte sono 17mila, e la loro riedificazione non avverrà prima del 2034.

Il Cluster Shelter lavora anche con la Croce Rossa e con il Norwegian Refugee Council, e ha stimato, sulla base degli studi condotti in questi due mesi, che la cifra di venti anni tiene conto della capacità di muovere legalmente i materiali da costruzione attraverso il confine Gaza-Israele. Gli sforzi della ricostruzione potrebbero essere ostacolati da un blocco israeliano che impedisce il movimento di un gran numero di materiali da costruzione, tra cui anche il cemento. Impedimento che, peraltro, permette il crearsi nel “sottosuolo” che collega la striscia ai suoi confini di un immenso traffico illegale di materiale edilizio: molti contrabbandieri si muovono illecitamente attraverso i tunnel che collegano Gaza all’Egitto, ed è questo a provocare quello che SkyTG 24 ha definito “allentamento del blocco”.

Il deficit abitativo nel territorio è altissimo: mancano 75mila unità perché tutti possano avere un “rifugio”; e poi la striscia sta ancora pagando gli immensi danni pagati da più di un decennio di conflitti tra Israele e Hamas e la sua altissima densità abitativa – 42mila e 600 persone per miglio quadrato – non facilita affatto le cose. Le persone a Gaza sono distrutte, ma continuano a festeggiare quello che forse sarà un cessate il fuoco definitivo; si balla sotto i portici di case sgretolate e in salotti a cielo aperto liberati ormai dalla paura di crollare definitivamente. E mentre gli investitori sperano nella riapertura di porti e aeroporti per far tornare il mercato immobiliare a com’era un anno fa, anno del “boom” palestinese, 1milione e 800mila persone, fino al 2034, continueranno a vivere affidandosi ad organizzazioni non governative.