Nuove accuse a Facebook

Nuove accuse di spot discriminatori a Facebook. La denuncia, ovviamente, non riguarda l'attività del social network fondato da Mark Zuckerberg, ma quella dei suoi inserzionisti. Chi pubblica spot a pagamento Fb può infatti decidere di escludere dai destinatari delle pubblicità alcune categorie di persone in base ad etnia, religione e salute. Una pratica che negli Stati Uniti è fuori legge se riguarda gli annunci di case, lavoro o credito.

L'inchiesta

A cogliere in fallo Facebook, in questo periodo colpita da una serie di polemiche sul Russiagate e accusata da un ex manager di non tenere alla privacy degli utenti, è stata una nuova inchiesta di ProPublica, che già un anno fa aveva denunciato la violazione. Per testare il sistema automatico che permette di comprare spazi pubblicitari sul social, sono state acquistate decine di inserzioni relative a case in affitto chiedendo di escludere dalla visualizzazione afroamericani, ebrei, persone di lingua ispanica, interessate all'islam o a rampe per sedie a rotelle.

La legge violata

Si tratta di categorie protette dal Fair Housing Act americano, che vieta tale discriminazione per chi vende o affitta casa. I nuovi casi di pubblicità discriminatoria rappresentano “un fallimento delle nostre procedure, siamo delusi per non essere stati all'altezza dei nostri impegni”, ha commentato Ami Vora, vicepresidente di Facebook. Nel febbraio scorso, in seguito a un'inchiesta analoga di ProPublica, Facebook aveva infatti annunciato nuove policy e nuovi algoritmi. Sistemi che hanno fallito anche un paio di mesi fa, quando sempre ProPublica è riuscita a comprare spot rivolti a persone antisemite.

Uso improprio

Consentendo queste discriminazioni, Facebook farebbe un uso improprio delle informazioni raccolte sugli utenti, informazioni che, secondo un ex dipendente, alla compagnia interessano sopra ogni cosa. Sandy Parakilas, privacy manager di Facebook tra il 2011 e il 2012, ha scritto un articolo sul New York Times accusando il social di privilegiare la raccolta di dati rispetto alla protezione degli utenti da abusi.