Nomine, terzo round a Bruxelles

Per il momento, la notizia è che Frans Timmermans, nonostante le reticenze attorno al suo nome, non sembra voler rinunciare facilmente a rivestire un ruolo di primo piano nello scacchiere di Palazzo Berlaymont. Il socialista olandese, infatti, ha rinunciato al suo seggio all'Eurocamera, consegnando una lettera al presidente uscente dell'Europarlamento, Antonio Tajani, di fatto autoescludendosi dall'Europarlamento nel giorno della prima riunione post-Europee. Una giornata complicata più di quanto ci si aspettasse dunque, visto che la seduta di Strasburgo si è aperta con la clamorosa contestazione del Brexit Party di Farage e, in concreto, senza avere un vero e proprio presidente, se non il già citato uscente. Tutti ingredienti di contorno a quella che resta la partita ufficiale del nuovo corso europeo, quella delle nomine ai ruoli chiave: dopo i due flop, i leader tornano al Consiglio europeo per provare a incastrare le tessere del puzzle, con i nodi che restano quelli di ieri e le soluzioni che iniziano a essere diverse da quelle che prevedeva il pacchetto Osaka. Non che la candidatura di Timmermans alla Commissione sia archiviata ma l'opposizione di addirittura undici Paesi ha notevolmente raffreddato la pista olandese.

Il nuovo pacchetto

Tra gli oppositori del nome del socialista si era schierato anche Giuseppe Conte (peraltro al fianco di tutti e quattro i Paesi del gruppo di Visegrad), il quale è tornato a Bruxelles con uno schema in mente ben preciso: “Come ho fatto fino ad oggi, e ancora di più nelle ultime ore, darò il mio convinto contributo affinché tra le famiglie europee non primeggi né, soprattutto, si imponga un asse su un altro, ma si trovi il giusto equilibrio sulla base di criteri di scelta delle persone ben bilanciati”. A ogni modo, un piccolo sbilanciamento il premier lo concede: “A me piacerebbe un presidente della Commissione donna”. Detto fatto dal momento che, nelle ultime ore, hanno iniziato a lievitare le quote di Ursula von der Leyen, ministro della Difesa tedesco e nuovo nome forte per il dopo-Juncker, che si è detta disponibile e che, almeno a sensazione, sembrerebbe poter accontentare tutti. Lo schema in realtà non varierebbe di molto, visto che resterebbero in ballo i nomi di Charles Michel (Consiglio europeo) e Manfred Werber (Parlamento europeo), mentre per la Bce si fa il nome di Christine Lagarde. Il tutto, ovviamente, senza dimenticare il pacchetto nato a margine del G20 e che include ancora il nome di Timmermans. Conte, da parte sua, a Bruxelles l'identikit lo ha tracciato, spiegando che si tratta di “individuare personalità che sappiano rinnovare il sogno europeo, che abbiano una chiara visione e sappiano esprimerla con coraggio, evitando di rifugiarsi nella angusta logica dell'austerity o di affidarsi al primato della finanza. Vogliamo personalità che mettano al centro la crescita, i cittadini, le persone”. E, a dire il vero, il nome formulato non sarebbe quello di von der Leyden ma di Kristalina Georgieva, bulgara e attuale dg della Banca mondiale. Nome non ben visto (pare) né da Merkel né da Macron ma comunque in lizza assieme a Margrethe Vestager e la stessa von der Leyden. Come a dire che il ruolo cardine dell'Ue che verrà sembra orientarsi sempre di più sul colore rosa.