Netanyahu: no a mosse unilaterali dei palestinesi all’Onu

Il vertice di Gerusalemme tra il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon si è svolto su una linea di dialogo diretta ben chiara: la richiesta palestinese all’Onu per valutare una “Risoluzione sulla Palestina come Stato” non può restare su una posizione unilaterale. Il primo ministro, infatti, ha affermato che “le mosse palestinesi alle Nazioni Unite non fanno avanzare la pace, ma vanno nella direzione opposta. Conducono a un ulteriore deterioramento della situazione, una cosa che nessuno vuole”.

Ban Ki-moon, al colloquio di Ramallah con il capo di governo di unità nazionale palestinese Rami Hamdallah, ha lanciato immediatamente un appello per la ripresa immediata dei negoziati di pace, esprimendo “preoccupazione per le provocazioni nei luoghi santi di Gerusalemme”, riferendosi agli scontri tra polizia israeliana e palestinese attorno alla moschea di al-Aqsa per la festività ebraica di Sukkot: sarebbero infatti state lanciate bombe sonore contro i palestinesi, che in risposta avrebbero usato oggetti incendiari per impedire la visita di fedeli ebrei ortodossi nella Spianata delle Moschee.

Ma ad accendere l’ira israeliana non è solo la Palestina: i deputati britannici, infatti, si sono pronunciati ieri in favore del riconoscimento di uno Stato palestinese, con una mozione che chiede al governo di Londra di fare altrettanto. Dieci giorni dopo la mozione della Svezia, che aveva già ottenuto ampie critiche da Israele, i deputati britannici hanno adottato con 247 voti favorevoli e 12 contrari una proposta destinata direttamente all’esecutivo. E’ un voto puramente simbolico, quello dei parlamentari. E il governo di Cameron non è tenuto a conformarsi. Proprio ieri mattina, peraltro, un portavoce di Downing Street aveva sottolineato che la posizione ufficiale “è molto chiara e non sarà cambiata”. Ma nonostante ciò Israele ha condannato l’azione dell’organo elettivo: secondo il ministro degli esteri israeliano, infatti, si tratta di “un’iniziativa prematura che mina le chance di raggiungere la pace”.