Nervi tesi fra Serbia e Croazia

Tensioni mai sopite sul confine fra Serbia e Croazia rischiano di riesplodere all'improvviso. Lo dimostra quanto accaduto nelle ultime ore. 

Manifestazioni vietate

Il ministro dell'interno serbo Nebojsa Stefanovic ha imposto oggi il divieto di qualsiasi tipo di raduno e manifestazione pubblica a Hrtkovci, località al confine con la Croazia e a maggioranza di popolazione croata, dove il leader ultranazionalista serbo Vojislav Seselj aveva indetto una manifestazione anti-croata per il 6 maggio prossimo. Contro tale raduno di Seselj erano state annunciate da altre forze politiche contromanifestazioni nella stessa giornata. Un pericolo di scontri e incidenti che il ministro ha voluto subito scongiurare ponendo il divieto assoluto di manifestare. “Lo stato non consentirà di mettere a rischio la pace e l'ordine pubblico”, ha detto Stefanovic.

Città di frontiera

Hrtkovci è nota per il discorso razzista e di odio etnico anti-croato che in quella località pronunciò Seselj il 6 maggio 1992, all'inizio del conflitto armato fra serbi e croati. In quella occasione il leader ultranazionalista annunciò la cacciata e la persecuzone della popolazione croata, con il progetto di “Grande Serbia” che avrebbe dovuto riunire buona parte dei territori della ex Jugoslavia. Per questi crimini, Seselj è stato condannato in appello nei giorni scorsi a dieci anni di reclusione dai giudici dell'Aja, anche se non andrà in carcere per aver già trascorso in detenzione in Olanda oltre 11 anni, dalla sua consegna ai giudici nel 2003 fino al 2014 quando fu rilasciato temporaneamente per motivi di salute.

L'oltraggio

Qualche giorno fa Seselj è stato protagonista a Belgrado di un nuovo episodio di odio etnico, calpestando la bandiera croata e rivolgendo frasi ostili e oltraggiose nei confronti del presidente del parlamento croato, in visita nella capitale serba. Insieme a un suo compagno del Partito radicale serbo (Srs) da lui guidato, si è avventato contro il vessillo croato apposto all'ingresso esterno del parlamento insieme a quella serba, cercando di strapparla e calpestandola unitamente al suo compagno di partito. Seselij è poi entrato nel parlamento urlando frasi offensive e oltraggiose anti-croate nei riguardi del presidente del parlamento Gordan Jandrokovic e degli altri membri della delegazione, che erano in visita nell'edificio. Appreso dell'episodio, Jandrokovic ha subito lasciato il parlamento e si è recato all'ambasciata croata dove, dopo essersi consultato con il premier Andrej Plenkovic, ha deciso di sospendere la visita ufficiale e fare ritorno a Zagabria. “Quello che e' successo ha superato ogni linea di tolleranza” ha detto. 

Il monumento della discordia

C'è poi un'altra questione che sta irrigidendo i rapporti fra Zagabria e Belgrado. Riguarda la possibile erezione nella croata Sisak di un monumento per il Beato Alojzije Viktor Stepinac, cardinale croato. Alle posizioni espresse dal presidente serbo Aleksandar Vucic, contrario all'omaggio nei confronti del porporato, ha risposto la Chiesa cattolica tramite un comunicato della diocesi di Sisak nel quale si precisa che “questo posto è luogo di sofferenza dei croati e non dei serbi perché Zrin è diventata l’unica parrocchia della diocesi dove non c’è nessun cattolico perché 75 anni fa i partigiani insieme ai serbi ribelli li hanno annientati”. Si aggiunge che nella città, vicina al confine serbo, “per ora non è prevista la costruzione di nessun monumento, ma l’idea è di fare una chiesa-memoriale con i nomi dei cittadini ammazzati”. Il monumento del beato Stepinac invece, ha affermato il vicario generale, mons. Marko Civutkusic – sarà posto di fronte alla cattedrale di Sisak perché è un beato della Chiesa cattolica e come segno di gratitudine nei suoi confronti per gli innumerevoli atti di bontà da lui compiuti”.

Il cardinale

Stepinac, venerato dai cattolici croati, è stato beatificato da Papa Giovanni Paolo II nel 1998, mentre la Chiesa ortodossa serba ritiene che la sua figura rimane “controversa”, a causa di una presunta collaborazione con il regime ustascia. La commissione mista tra esperti croati cattolici e serbi ortodossi, istituita per volontà di Papa Francesco, non è arrivata a conclusioni effettive e le divergenze tra Croazia e Serbia rimangono.