Minacce ai giocatori: salta Israele-Argentina

L'amichevole fra Israele e Argentina, ormai è assodato, non si disputerà ma lo scontro diplomatico che la cancellazione del match del prossimo 9 giugno ha scatenato rischia di trascinarsi ben oltre quella data. La decisione della Federcalcio argentina non è stata presa a cuor leggero ma dopo oltre 48 ore di polemiche, innescate dalle dichiarazioni del numero uno della Federcalcio palestinese, Jibril Rajoub, con le quali aveva intimato alla nazionale sudamericana di non disputare l'incontro amichevole a Gerusalemme o “milioni di fan palestinesi e arabi” avrebbero bruciato la maglietta di Lionel Messi. Parole che, in un primo momento, non avevano fatto desistere l'Albiceleste dal proseguire gli allenamenti in vista della partita. Decisione che, invece, è stata presa immediatamente dopo l'arrivo di alcune persone presso il ritiro di Barcellona con magliette del numero 10 macchiate di sangue. Una minaccia vera e propria secondo stampa e federazione.

La replica israeliana

Come previsto, l'annullamento del match non ha incontrato riscontri positivi a Gerusalemme: nel prendere atto della scelta della Federcalcio argentina, il ministro della Difesa Avigdor Lieberman si è espresso sulla questione via Twitter spiegando come, a suo avviso, sia “una  vergogna che le star del calcio argentino abbiano ceduto alle pressioni degli odiatori di Israele, il cui unico obiettivo è quello di danneggiare il diritto di Israele alla sua difesa e di provocare la sua distruzione”. Secondo quanto riportato da alcune fonti locali, pare che della faccenda sia arrivato a interessarsi anche il premier Benjamin Netanyahu il quale, nella notte, avrebbe provato persino a contattare il presidente argentino Mauricio Macrì, tuttavia senza successo. Fortemente critica anche la posizione del ministro della Cultura e dello Sport, Miri Regev: “Da quando hanno annunciato (gli argentini, ndr) che avrebbero giocato in Israele, gruppi terroristici hanno inoltrato ai giocatori della nazionale argentina e ai loro congiunti messaggi e lettere, includendo chiare minacce che avrebbero colpito loro e le loro famiglie”.

Strascico di polemiche

E allora, mentre il presidente Rajoub si dice soddisfatto, sottolineando come “i valori, l'etica e il messaggio dello sport hanno vinto oggi, mostrando a Israele il cartellino rosso”, in Israele permane un sentimento di amarezza. Da ricordare che, in un primo momento, l'incontro si sarebbe dovuto disputare ad Haifa ma, a seguito della conferma ufficiale sull'accordo fra le due federazioni, era arrivata la richiesta per trasferire il match a Gerusalemme, nonostante già in quei giorni i sentimenti del parlamento israeliano fossero contrastanti. Da parte dei deputati arabi, infatti, erano arrivati numerosi appelli affinché il match non fosse svolto, molti dei quali indirizzati alla stessa Federcalcio dell'Albiceleste, così come a molti dei suoi calciatori: “La cancellazione – ha aggiunto Rajoub citato dalla Wafa – è un colpo al governo di Israele”. Secondo il presidente della Federazione calcistica palestinese, dietro il match si sarebbe celato un presunto “messaggio politico” con il quale Israele, “grazie alla presenza di Messi”, avrebbe voluto mostrare come “le cose fossero normali”.