Maxi sciopero degli statali

Lavoratori in piazza in tutta la Tunisia per lo sciopero contro il mancato aumento dei salari degli statali indetto dall'Ugtt, il più importante sindacato del Paese. La protesta è la più grande dal 2013, quando i tunisini scesero in piazza dopo l'assassinio del giornalista d'opposizione, Chokri Belaid

Mobilitazione

Il Paese è sotto pressione del Fondo Monetario Internazionale (Fmi), che chiede di congelare l'aumento dei salari nel settore pubblico, come parte degli sforzi per ridurre il deficit di bilancio. Lo sciopero di 24 ore, partito alla mezzanotte di ieri, ha colpito aeroporti, porti, scuole, ospedali, media statali e uffici pubblici.
La compagnia aerea statale tunisina ha invitato i suoi passeggeri a cambiare le prenotazioni, dal momento che gran parte dei voli non garantiti. All'aeroporto di Tunisi Cartagine, gran parte dei voli è stata cancellata e gli sportelli per il check-in sono rimasti chiusi, lasciando a terra centinaia di passeggeri. 

Lo scontro

Il premier, Youssef Chahed, ha detto che lo sciopero rappresenterà una perdita per l'economia locale, ma nonostante questo l'esecutivo al momento non può permettersi di aumentare gli stipendi dei dipendenti pubblici. Sami Tahri, vice segretario generale dell'Ugtt, ha criticato il governo per essersi fatto dettare la linea dall'Fmi e aver scelto lo scontro con i dipendenti pubblici. Fonti governative e sindacali hanno riferito che il governo aveva proposto di investire circa 400 milioni di dollari in aumenti salariali, mentre l'Ugtt aveva chiesto un investimento di 850 milioni.

L'intesa

La Tunisia ha stretto un accordo con l'Fmi nel dicembre 2016 per un programma di prestiti del valore complessivo di circa 2,8 miliardi di dollari per migliorare la sua difficile condizione economica. Un miglioramento che sarebbe dovuto arrivare anche attraverso la riduzione del deficit e il taglio dei servizi pubblici. L'economia della Tunisia è in crisi da quando il rovesciamento dell'ex presidente, Zine al-Adibine Ben Ali, ha fatto precipitare il Paese nel caos, con disoccupazione e inflazione in crescita. Il governo punta a ridurre la spesa salariale del settore pubblico al 12,5 per cento del Pil nel 2020, partendo dall'attuale 15,5 che, secondo l'Fmi è uno dei livelli piu' alti al mondo.