Mai più bambini in gabbia

Alison Jimena, 6 anni, chiede a più riprese di poter chiamare la zia perché la venga a prendere. Attorno a lei decine di bambini piangono. “Mami”, “Papa” (“Mamma” “papà”) gridano in preda alla disperazione. Una guardia ascolta e ride, poi ironizza: “Qui abbiamo un orchestra. Manca solo il direttore”. 

Testimonianze choc

L'audio della vergogna, postato online dal sito d'inchiesta vincitore di un Pulitzer Propublica, ha fatto il giro del mondo, raccontando meglio di tanti articoli e servizi televisivi il dramma vissuto delle famiglie di migranti al confine tra Messico e Stati Uniti. Un caso che ha messo a nudo le durissime politiche adottate dall'amministrazione Trump in materia. Sull'onda dell'indignazione pubblica generale il presidente Usa ha firmato un ordine esecutivo per riunire i nuclei, pur ribadendo di non voler fare passi indietro sulle politiche migratorie. Si chiude un capitolo terribile della recente storia americana, fatto di divisioni forzose che non hanno risparmiato nemmeno bambini affetti dalla sindrome di Down. Sul caso, oltre all'Onu e a numerose organizzazioni umanitarie, era intervenuto anche Papa Francesco. “E' immorale dividere le famiglie – aveva tuonato durante un'intervista alla Reuters – è contrario ai nostri valori”. Non erano mancati paragoni con la Germania di Hitler. Accuse prontamente rispedite al mittente dal segretario Usa alla Giustizia, Jeff Sessions: “Noi nazisti? E' un'esagerazione. Agli ebrei non veniva concesso di lasciare il Paese”. 

Tolleranza zero

Ma come si è potuti arrivare a tanto? L'antefatto a una situazione vergognosa e angosciante è stato la politica di “tolleranza zero” sull'immigrazione inaugurata da Donald Trump all'inizio del suo mandato. Non solo muri per rafforzare il controllo sulla frontiera meridionale, ma anche misure volte a scoraggiare l'arrivo di nuovi clandestini dal Messico. Proprio quest'ultimo obiettivo aveva ispirato la misura che aveva portato alla separazione tra adulti e minorenni. In virtù della vecchia normativa, infatti, chi entrava in territorio americano illegalmente per la prima volta accompagnato da bambini riceveva un trattamento privilegiato: non veniva diviso dai propri bambini, né veniva considerato un soggetto da perseguire penalmente in via prioritaria. Le famiglie venivano detenute insieme in apposite strutture in attesa della decisione di un giudice speciale. Fino a poche ore fa, invece, i clandestini adulti venivano internati in una prigione federale nell'attesa della sentenza del magistrato, mentre i minori (che per legge non possono finire in carcere) alloggiavano in centri separati. Col provvedimento firmato ieri, Trump ha ordinato al Pentagono di “prendere tutte le misure disponibili per fornire al dipartimento degli Interni, su richiesta, ogni struttura esistente disponibile per ospitare e prendersi cura” dei migranti e di “costruire strutture del genere se necessario e nel rispetto delle leggi”.

First Lady agguerrite

L'immagine dei bimbi in lacrime, rinchiusi fra quattro mura, aveva fatto insorgere polemiche, che hanno coinvolto non solo la politica americana ma anche la comunità internazionale. E aveva creato “guai in famiglia a Trump”. Tra chi considerava sbagliata questa politica c'era infatti anche Melania, moglie dell'attuale presidente, che si era unita a un nutrito gruppo di ex first lady. “Odio vedere i bambini separati dalle loro famiglie” aveva detto. Durissima Laura Bush: “Vivo in uno Stato di confine (il Texas ndr) e capisco la necessità di proteggere i nostri confini internazionali, ma questa politica di tolleranza zero è crudele. È immorale. E mi spezza il cuore”. Messaggio prontamente rilanciato da Michelle Obama, secondo cui “a volte la verità trascende il partito”. Hillary Clinton aveva parlato di “crisi morale e umanitaria”, mentre per Rosalynn Carter “la pratica e la politica odierna di separare i bambini dai loro genitori ai nostri confini con il Messico scandalosa, una vergogna per il nostro Paese”. 

Pressing politico

La mossa di Trump è ispirata anche da esigenze politiche e, in particolare, dalla necessità di non creare ulteriori divisioni all'interno del suo partito. Un sempre maggiore numero di repubblicani nei giorni scorsi ha marcato le distanze dal capo di Stato. Il senatore del Gop Ben Sasse, del Nebraska, sulla sua pagina Facebook aveva scritto: “Il presidente dovrebbe mettere immediatamente fine alle separazioni delle famiglie” definendo queste politiche “un orrore“. Nella stessa direzione anche l'ex direttore della comunicazione della Casa Bianca, Anthony Scaramucci che aveva detto alla Cnn: “Spero che tutto questo cambi. E' un male per il partito repubblicano ed un male anche per il presidente. Vorrei vederlo rieletto”. Sugli scudi anche i dipendenti di Microsoft, in pressing sul management aziendale affinché fosse cancellato un contratto della multinazionale con l'agenzia statunitense che si occupa di immigrazione e controlli alla dogana, l'Ice (Immigration and Customs Enforcement). Decisiva, forse, l'accelerazione inferta dallo speaker della Camera, Jack Ryan, che aveva annunciato per oggi un voto dei deputati per risolvere il problema. Di fronte al rischio di essere sconfessato dal Congresso a trazione repubblicana a pochi mesi dalle elezioni di medio termine, Trump ha anticipato tutti. Per calcolo politico e tornaconto si potrà dire. Ma meglio così…