L'ora dei Portoricani

Sono scesi a migliaia in tutta l'isola di Porto Rico per chiedere le dimissioni del governatore Ricardo Rosselló. Secondo quanto riportato dall'emittente Aljazeera, nella giornata di ieri i manifestanti, che si sono riversati per le strade reclamando una pronta soluzione all'impasse politico, hanno preso possesso di una delle autostrade più trafficate della capitale, San Juan. Nei giorni scorsi, Rosselló aveva annunciato che si sarebbe dimesso dalla carica di presidente del Nuovo Partito Progressista, specificando che non avrebbe nemmeno partecipato alla corsa per le prossime elezioni del 2020. Eppure, nonostante l'annuncio fosse stato reiterato con un video via Facebook, il governatore ha continuato – e continua –  a svolgere la funzione di leader del Paese. Per gran parte della popolazione, si tratterebbe di un atteggiamento contraddittorio, pertanto chiede la totale dimissione del presidente da tutte le cariche. 

Le cause

Le immagini che giungono dal quotidiano digitale del Paese El Nuevo Dia, mostrano una fiumana di manifestanti: “Le persone non se ne andranno”, ha dichiarato ad Aljazeera una di loro – “È quello che [Rosselló, ndr] spera, ma siamo più numerosi di lui”. Le proteste sono diventate più frequenti negli ultimi giorni, quando il Center for Investigative Journalism, un consorzio che assomma diverse testate giornalistiche internazionali, aveva diffuso le chat private del governatore presenti sul social Telegram, nelle quali erano coinvolti diversi ministri. Il governatore, nello specifico, avrebbe apostrofato alcuni di loro con insulti ed epiteti compromettenti. Nei giorni precedenti, l'agenzia di intelligence degli Stati Uniti FBI aveva arrestato due ex funzionari vicini al governatore con l'accusa di aver utilizzato impropriamente 15 milioni di dollari stanziati nel fondo di aiuto all'isola dopo l'uragano Maria, che si abbatté sull'isola nel 2017, causando la morte di circa 5.000 persone: “Ricky, rinuncia, il popolo ti ripudia!”  è il grido che ieri i manifestanti hanno urlato per le strade della capitale, nonostante il governatore abbia cercato di calmierare la situazione. Anche il giornale locale, El Nuevo Dia, ha preso una posizione netta, caldeggiando le sue dimissioni: in un articolo pubblicato ieri, è stata resa nota l'analisi di un geografo, che ha stimato la presenza oltre 500.000 persone alla protesta. 

Rosselló e il rapporto con gli Usa

Ex ricercatore in campo biomedico, in seguito uomo d'affari, il 40enne Rosselló è una delle figure più controverse del Paese. In carica dal 2 gennaio 2017, il leader, democratico di formazione, è stato oggetto di aspre critiche da parte del Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump il quale, a margine di una conferenza stampa alla Casa Bianca, lo ha definito “incredibilmente incompetente”.  Il Paese fa parte, infatti, delle isole caraibiche ritenute “territorio non incorporato” degli Stati Uniti. L'isola presenta due anime politiche: da una parte il Nuovo Partito Progressista – con un orientamento di centro-destra – che vorrebbe fare di Porto Rico uno Stato a tutti gli effetti “federale” degli Usa; il Partito Popolare Democratico, invece, vuole continuare a mantenere l'attuale status dell'isola, operando, tuttavia, modifiche su alcune legislazioni. Su di tutte, pesa il Jones Act, la legge datata al 1920 che impone solo alle navi battenti bandiera statunitense di trasportare beni per i porti statunitensi. La legge è all'origine delle ingenti tassazioni sui beni diretti all'isola, pertanto i portoricani ora chiedono modifiche sostanziali. 

Una crisi annunciata

Le manifestazioni recenti sono espressione di una crisi che da tempo attanaglia l'isola su vari fronti. Dal punto di vista istituzionale, per esempio, il 3,2 milioni di portoricani non sono rappresentanti nel Congresso statunitense né possono esprimere un voto per eleggere il presidente a Washington. Quest'aspetto ha diramato controversie a partire dalle conseguenze dell'uragano Maria, laddove la Casa Bianca ha avuto potere decisionale sulla somma da stanziare nel Paese. Ad oggi, centinaia di migliaia di persone sono disoccupate e i lavori di ristrutturazione sull'isola non sono ancora stati completati dal 2017. Secondo quanto riferisce il The New York Times, circa 1,5 milione di abitanti vive in assoluta povertà. Alla già precaria situazione, si unisce il malcontento per la politica di austerità portata avanti dal governo, mentre gli ultimi episodi di corruzione tra le sfere istituzionali hanno reso la gente esausta.