L’Onu: “Possibili crimini contro l’umanità”

Le violenze contro donne e bambini dell’etnia Rohingya dello Stato del Rakhine, in Birmania, “possono costituire crimini contro l’umanità“. Lo affermano la Commissione per l’eliminazione delle discriminazioni contro le donne e la Commissione sui diritti dei bambini delle Nazioni Unite. “Siamo particolarmente preoccupati per il destino di donne e bambini Rohingya, che sono soggetti a gravi violazioni dei diritti umani”.

Gli esperti dell’Onu chiedono quindi alle autorità della Birmania di “procedere tempestivamente ed efficacemente ad un’indagine, processando i casi di violenza contro donne e bambini” nel Rakhine. “Siamo profondamente preoccupati per il fatto che il governo non abbia messo fine a queste sconvolgenti violazioni dei diritti umani”, continuano. Tre funzionari della Nazioni Unite, in particolare, hanno parlato di un livello di sofferenza “inimmaginabile“.

Per fronte alla crisi umanitaria e sostenere lo sforzo del Bangladesh, che sta accogliendo i rifugiati Rohingya, l’Onu chiederà 430 milioni di dollari in aiuti alla comunità internazionale. Lo ha detto il capo dell’agenzia per le emergenze e gli affari umanitari, Mark Lowcock, precisando che lancerà l’appello il 23 ottobre a Ginevra.

Dopo la visita alla città di Cox’s Bazar, in Bangladesh, dove si stanno rifugiando molti Rohingya, Lowcock ha detto che “le condizioni nei campi sono terribili, e bisogna fare molto di più”. Il rappresentante dell’Onu ha spiegato che nelle ultime sei settimane le agenzie umanitarie hanno consegnato più di 9 milioni di razioni alimentari, fornendo a oltre 300 mila persone sostanze idriche e sanitarie, hanno vaccinato oltre 100 mila bambini e fornito supporto psicologico a oltre 50 mila persone. E ha annunciato che il Fondo Centrale per l’Assistenza di Emergenza dell’Onu (Cerf) ha stanziato altri 12 milioni di dollari per gli sforzi di soccorso. “Ma le cause fondamentali di questa crisi sono in Birmania, e le soluzioni devono essere trovate in Birmania”, ha precisato.

Intanto il consigliere per la sicurezza nazionale birmana, Thaung Tun, ha lanciato un appello perché alla “giovane democrazia” nel Paese sia data “una possibilità di sopravvivere”.