L'Onu non condanna Hamas

No dell'Assemblea generale dell'Onu alla condanna formale di Hamas proposta dagli Stati Uniti. Ad ostacolare la richiesta americana è stata la richiesta del Kuwait di applicare la regola dei due terzi quando di norma per le risoluzioni dell'Assemblea, non vincolanti, è sufficiente la maggioranza semplice.

Il voto

Il voto si è concluso con 87 favorevoli, 58 contrari e 32 astenuti. Al fianco di Hamas, oltre ai Paesi arabi, si sono schierati anche i tradizionali nemici degli Stati Uniti: Cina, Russia, Iran, Cuba e Venezuela. Washington è invece riuscita a incassare l'appoggio dei membri dell'Ue e degli alleati fedeli come Giappone, Canada e Australia oltre a numerose nazioni dell'America Latina tra cui Messico, Argentina, Brasile e Colombia.

Flop

Il mandato dell'ambasciatrice Usa all'Onu, Nikki Haley, si conclude dunque con una sconfitta. Per lei e per il presidente Donald Trump, che in Medio Oriente porta avanti una politica estera apertamente filo-israeliana, come dimostrano il riconoscimento di Gerusalemme quale capitale dello Stato ebraico e lo spostamento dell'ambasciata Usa nella Città Santa. 

Reazioni

Il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha comunque ringraziato gli 87 Paesi che hanno votato a favore del testo. “Anche se non ha raggiunto la maggioranza dei due terzi, questa è la prima volta che la maggioranza dei Paesi (dell'Onu) vota contro Hamas e ringrazio tutti gli 87 Paesi che hanno assunto una posizione di principio contro Hamas”, ha commentato. Il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, ha invece criticato l'Assemblea generale per l'esito della votazione. “Solo pochi giorni dopo che Hamas ha sparato indiscriminatamente migliaia di missili contro i cittadini israeliani, l'Onu non è stata in grado di adottare una risoluzione che condanni questa banda di terroristi. E' un altro vergognoso atto di pregiudizio nei confronti dello Stato ebraico”, ha sentenziato. Esulta, invece, il portavoce di Hamas, Sami Abu Zuhri. “Il fallimento americano all'Onu è uno schiaffo all'amministrazione statunitense e una legittimazione della resistenza“, ha detto.