Le forze di Haftar sfondano a el Aziza

Inizia a portare i primi risultati l'avanzata di Khalifa Haftar verso la città di Tripoli: a seguito di alcuni scontri andati avanti tutta la notte nei pressi di el Aziza, circa a una cinquantina chilometri in direzione sud-ovest, le forze della Cirenaica hanno sfondato il fronte a sud di Tripoli, riuscendo a conquistare la cittadina e dirottando ora i combattimenti nella zona di Suani ben Adem, a 25 chilometri dalla capitale. Nella notte, le forze di Haftar avevano compiuto anche un raid aereo verso un distaccamento di combattenti fedeli al governo di al-Sarraj, colpendo nella zona di Ain Zara, a circa 15 chilometri a sud-ovest di Tripoli. Secondo quanto riferito dall'Ansa, però, gli aerei non sarebbero riusciti a colpire l'obiettivo, danneggiando invece una scuola elementare della città, chiusa dalle autorità locali.

Tripoli in piazza contro Haftar

Si alza dunque la tensione attorno alla capitale del governo di unità nazionale riconosciuto dalle Nazioni Unite, già al centro di una preoccupante escalation di violenza e di un allarmante incremento delle migrazioni, con quasi 10 mila persone che hanno già lasciato la città. Numeri che preoccupano l'Europa, vista la possibilità che l'aumento degli esodi possa influire anche su quello dei migranti dal nord Africa al Vecchio continente. Una preoccupazione che, nella giornata di ieri, aveva spinto il governo italiano a istituire un gabinetto di crisi per rispondere sia all'emergenza sul territorio libico che a eventuali ripercussioni in termini migratori. Al fianco del presidente Sarraj, intanto, si è schierata la popolazione di Tripoli, scesa in strada per protestare contro Haftar, definito un traditore, e anche nei confronti della Francia di Macron, oggetto di accuse di sostegno all'azione del leader della Cirenaica contro la capitale. La folla si è radunata a Piazzale dei martiri, inneggiando alla risoluzione del conflitto e lanciando una appello a Bengasi, chiamando la città a fare la sua aperta dopo essere stata liberata da Gheddafi.