L'appello dopo il massacro: “Basta armi”

Tre minuti, 180 lunghissimi secondi: tanto è durata la sparatoria della Marjory Stoneman Douglas High School di Parkland, in Florida, dove il 20enne Nikolas Cruz ha aperto il fuoco contro i suoi coetanei, provocando una strage. Diciassette morti, fra giovani e giovanissimi, rimasti sul terreno come vittime della follia omicida dello studente che, ancora una volta, riporta a galla il dibattito sul porto d'armi negli Stati Uniti e impone una riflessione su quella che è l'ennesima strage scolastica della storia di questo Paese. Violenta, feroce, “un atto malvagio”, come lo ha definito Donald Trump senza però soffermarsi sulla questione cardine: il troppo facile accesso a fucile, pistole e altri potenziali strumenti di morte. Ma, al di là dell'aspetto legislativo, c'è quello umano: 17 vite stroncate da un ragazzo che, come i due di Columbine e altri protagonisti di insensate stragi passate, ha avuto la lucidità di preparare il suo piano criminale e metterlo spietatamente in atto. L'apice straziante di una gioventù vissuta in modo difficile, bruciata.

I segnali

Vedere delle volanti sul vialetto di casa sua non era inusuale: i vicini, dopo la carneficina, hanno raccontato ai cronisti le loro esperienze con quella famiglia, contribuendo a ricomporre i frammenti di un mosaico drammatico. A scuola, trasportando una borsa di grossa taglia, Nikolas c'è arrivato a bordo di un taxi; il suo fucile lo ha scaricato in cinque classi diverse, sparando indifferentemente a studenti e insegnanti. Ha agito da solo, in modo selvaggio ma metodico. Eppure, secondo lo sceriffo della contea, non vi sarebbero connessioni con i suprematisti bianchi: “Non ci sono legami noti”, ha detto un portavoce rimescolando le carte su quanto affermato finora. Cruz, su Youtube, aveva annunciato con un video di voler diventare “un killer professionista”: un filmato che aveva attirato su di lui le attenzioni dell'Fbi ma non i loro provvedimenti.

Rabbia e memoria

Quello che si chiedono in tanti, al momento, è se questa strage potesse essere evitata: Cruz era un ragazzo complesso che, a quanto pare, già in passato aveva dato segni di squilibrio, specie dopo la perdita di sua madre, nel novembre scorso: rabbia, scatti d'ira e una tendenza a ostentare la sua passione per le armi. E, d'altronde, la polemica su questo argomento non è mai scemata: Obama stesso preme sul suo successore per una normativa che ne proibisca l'uso in modo così massiccio. Un appello condiviso da molti, primi fra tutti i parenti delle vittime: “Presidente Trump – ha detto al 'NYt' la mamma di una delle vittime, uccisa appena 14enne -, abbiamo bisogno di azione, abbiamo bisogno di cambiamenti… Togli queste pistole dalle mani di questi ragazzini, togli questi cannoni dalle strade”. Migliaia di persone sono scese in strada, a Parkland, per partecipare alla veglia in memoria delle persone uccise, mentre 17 palloncini volavano in cielo. Si piange ancora e ci si interroga di nuovo