La Slovenia ha un nuovo governo guidato da Miro Cerar

Dopo quattro mesi di interregno seguiti alla crisi della coalizione di maggioranza guidata da Alenka Bratusek, ex leader del partito Slovenia Positiva, il Paese ha un nuovo governo. Il primo ministro incaricato, Miro Cerar, e la sua squadra hanno ottenuto la fiducia del Parlamento con 54 voti a favore sui 90 componenti dell’Assemblea nazionale. Il nuovo esecutivo, a differenza di quello precedente, sarà interamente di centro-sinistra. Ne faranno parte infatti il partito di Cerar, Smc, il Partito dei pensionati (DeSus) di Karl Erjavec e quello socialdemocratico di Dejan Zidan.

I tre partiti possono contare su 52 deputati nell’Assemblea nazionale, mentre i restanti 38 seggi appartengono all’Alleanza di Alenka Bratusek, al Partito democratico di Janez Jansa, al partito conservatore Nuova Slovenia (Nsi) e alle forze politiche socialiste di Sinistra Unita (Zl). Cerar ha presentato il 10 settembre scorso la lista dei nuovi ministri, tra cui vi sono nove esponenti del suo partito, quattro del DeSus e tre dei Socialdemocratici. Molti dei ministri proposti da Cerar sono “tecnici”, come quello delle Finanze, Dusan Mramor, professore di economia che ha già guidato lo stesso ministero dal 2002 al 2004.

Tutti i candidati ministeriali hanno ottenuto il benestare delle rispettive commissioni parlamentari nel corso della settimana con programmi che vanno dal proseguimento del processo di privatizzazione delle aziende statali ad una riforma radicale del sistema sanitario nazionale. Uno dei principali obiettivi del governo Cerar sarà comunque quello di restituire alla Slovenia la sua indipendenza economica. Per questo sarà rivista la legge di bilancio per il 2015, nel tentativo di rispettare l’impegno con Bruxelles per ridurre il deficit al di sotto del 3 per cento del Prodotto interno lordo nel corso del prossimo anno.

Da quanto emerso durante le audizioni dei nuovi ministri in Parlamento, il 12esimo governo della Slovenia indipendente si concentrerà sul risanamento dei conti pubblici attraverso le riforme strutturali e la riorganizzazione delle aziende statali, un’altra misura che la Commissione europea ritiene essenziale per la ripresa economica del paese.