La Aquarius potrebbe ripartire grazie alla Turchia

Abbiamo proposto all'Aquarius di continuare le proprie attività di salvataggio battendo bandiera turca“. L'annuncio è di Kerem Kinik, presidente della Mezzaluna Rossa. Trovare uno Stato disposto a concedere la propria bandiera sarebbe il modo per l'imbarcazione di uscire dall'incaglio in cui si trova: ora è ferma al porto di Marsiglia, dopo che Panama ha deciso di ritirare la sua bandiera seguendo a ruota la decisione di Gibilterra.

Le ong accetteranno il sostegno turco?

Kinik ha sottolineato che la Turchia “ospita 4 milioni di rifugiati e potrebbe risolvere questa situazione, consentendo alla nave di tornare in mare e salvare migranti come ha fatto negli ultimi tre anni”. Ora bisogna vedere se le due ong che gestiscono la Aquarius, Msf e Sos Mediterranée, saranno disposte ad accettare di battere la bandiera turca. Non è un mistero, infatti, che altre ong che hanno legami stretti con le anime dell'Aquarius, come ad esempio Amnesty international, denunciano apertamente la Turchia di Erdogan di gravi violazioni dei diritti umani.

 

L'appello alla Svizzera

La bandiera turca, sfondo rosso con una mezzaluna bianca, presenta affinità con la bandiera svizzera, che ha in comune lo sfondo rosso ma al centro non ha il simbolo islamico della mezzaluna ma, sempre in bianco, la croce cristiana. Ebbene, proprio il giorno prima della proposta di Kinik, era giunta al governo elvetico una lettera aperta firmata da diversi cittadini svizzeri, tra cui l'ex procuratore capo del Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia, Carla Del Ponte, e l'ex presidente del Comitato internazionale della Croce rossa, Cornelio Sommaruga, per chiedere di concere la bandiera alla Aquarius. “Lasciar morire volontariamente persone in acque internazionali non è accettabile”, si legge nella lettera. Per questo motivo i firmatari chiedono alla Confederazione un segnale chiaro, in linea con la tradizione umanitaria svizzera. “La tragedia che si ripete nel Mediterraneo è agghiacciante, un disonore del nostro tempo” afferma Dick Marty, uno dei firmatari, ex consigliere agli Stati ticinesi.