Khamenei guida la preghiera, folla a Teheran

Erano otto anni che Ali Khamenei, guida suprema dell'Iran, non guidava la grande preghiera del venerdì. Torna a farlo in un momento storico di particolare turbolenza per il popolo iraniano ma anche per il governo di Teheran, finito al centro della bufera a seguito dell'incidente che ha provocato il disastro del Boeing con passeggeri iraniani, ucraini e canadesi, abbattuto da un missile Pasdaran. Dal raid che ha ucciso il generale Soleimani alle proteste di piazza contro le bugie delle autorità, Khamenei traccia il proprio quadro davanti alla folla che riempie in ogni ordine di posto la moschea di Teheran, attribuendo l'appellativo di “manipolatori bugiardi” coloro che “sostengono di essere dietro il popolo: sono manipolati dai nemici e non hanno dedicato le proprie vite alla sicurezza dell'Iran, diversamente da gente come Soleimani“.

Le proteste

Ed è dall'uccisione del leader delle milizie al-Quds che l'ayatollah parte per disegnare il quadro delle ultime settimane iraniane, sostenendo che sia i grandi funerali del generale che l'attacco alle basi americane in Iraq “sono stati giorni di Allah“. Parla di “giornate amare e dolci” Khamenei, ma comunque “un punto di svolta nella storia. I due grandi avvenimenti dei funerali del generale Qassem Soleimani e del giorno in cui l'Iran ha attaccato le basi Usa sono stati 'Giorni di Allah'. I due episodi, miracoli delle mani di Allah, hanno mostrato il potere di una nazione che ha dato uno schiaffo in faccia agli Usa e che la volontà di Allah è continuare il cammino e conquistare la vittoria”. Parole che coincidono con una nuova ondata di manifestazioni di piazza in diverse città iraniane, dove lo slogan “morte all'America” è tornato a campeggiare nei cortei, a pochi giorni dalle rivolte di Teheran in cui numerosi studenti si erano rifiutati di calpestare la bandiera degli Stati Uniti, chiedendo chiarezza e assunzione di responsabilità sull'abbattimento dell'aereo.

Qustione nucleare

A lungo si sofferma, Khamenei, sulla figura di Qasem Soleimani, definito “un comandante anti-terrorista nella regione“, la cui uccisione “è stata uno scandalo che ha portato infamia sugli Usa, perché lo hanno ucciso vigliaccamente e non sono stati capaci di farlo sul campo di battaglia, usando lo stesso metodo del regime sionista”. Una vicenda che, secondo l'ayatollah, non deve “oscurare il sacrificio di Soleimani”. E chiude con il tema nucleare, sul quale Donald Trump ha espresso parole lapidarie (“Teheran non avrà mai l'atomica”) e con i Paesi europei che iniziano a mostrare segnali di indecisione. Sulla quale Khamenei utilizza parole altrettanto chiare: “Ho detto sin dall'inizio che non ho alcuna fiducia nel dialogo con l'Occidente sulle nostre attività nucleari e nei gentiluomini che siedono ai tavoli negoziali e vestono guanti di seta sulle loro mani di ferro. Sono al servizio degli Usa. Il dialogo con loro è un inganno“.