Israele, Friedman nuovo ambasciatore Usa: “Mi sposterò da Tel Aviv a Gerusalemme”

L’avvocato David Friedman è l’uomo scelto da Donald Trump come nuovo ambasciatore Usa in Israele. Fin qui tutto bene. Se non fosse che il diplomatico, nelle sue prime dichiarazioni, ha confermato l’intenzione del presidente eletto di spostare la sede dell’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme. “Non vedo l’ora di lavorare nella capitale eterna di Israele” ha detto.

Una mossa che potrebbe essere letta contraccolpi pesantissimi sul processo di pace. I palestinesi considerano, infatti, la Città Santa la capitale del loro futuro Stato e potrebbero leggere come una sfida la decisione della nuova amministrazione americana.

Friedman “è stato un amico di lunga data e un fidato consigliere. Le sue forti relazioni in Israele costituiranno le fondamenta della sua missione diplomatica e saranno uno straordinario asset per il nostro Paese mentre rafforzeremo i legami con i nostri alleati e ci batteremo per la pace in Medio Oriente“, ha detto Trump in un comunicato. L’avvocato, che è stato il suo consigliere durante la campagna elettorale per gli affari Usa-Israele, ha promesso di “lavorare instancabilmente per rafforzare l’indistruttibile vincolo tra i nostri due Paesi e far avanzare la causa della pace nella regione”. Difficilmente però ci riuscirà spostando l’ambasciata Usa a Gerusalemme e riconoscendola come capitale.

All’inizio di dicembre Barack Obama aveva firmato una nuova proroga semestrale per l’ambasciata Usa a Tel Aviv. Si tratta di una consuetudine che risale ai tempi della presidenza Clinton. In base al Jerusalem Embassy Act varato dal Congresso americano nel 1995, infatti, l’ambasciata Usa dovrebbe spostarsi da Tel Aviv a Gerusalemme, definita nel provvedimento “capitale indivisibile” di Israele. Ma finora tutti i presidenti sono ricorsi alla loro autorità emanando decreti esecutivi che di fatto hanno bloccato l’entrata in vigore della legge. La sospensione del provvedimento – da Clinton ad Obama, passando per Bush – è stata considerata necessaria per motivi di sicurezza nazionale e per non compromettere il processo di pace.