Isole contese, la Cina schiera nuove difese militari sugli atolli artificiali

Nuove immagini satellitari hanno mostrato che Pechino ha ulteriormente rafforzato le basi militari costruite sulle isole artificiali create dal nulla nel mar Cinese Meridionale, per rivendicare un tratto di mare conteso da altri Paesi alleati di Washington. La notizia arriva proprio quando i rapporti tra Usa e Cina sono ridotti ai minimi storici, da quando il presidente eletto Donald Trump ha deciso di violare la politica statunitense (in vigore dal 1971) di “una sola Cina”, aprendo dei rapporti con Taiwan.

A riferire la notizia delle nuove istallazioni di artiglieria pesante da contraerea e sistemi di difesa su tutti e sette gli atolli artificiali, è il Center for Strategic and International Studies degli Stati Uniti, in base allo studio delle più recenti fotografie satellitari. “Queste armi e le installazioni militari mostrano che Pechino è seriamente alle prese con la difesa delle isole artificiali in caso di “contingenza armata” nel mar Cinese meridionale – si legge nel rapporto del think tank Usa -. “Tra l’altro, sarebbero l’ultima linea di difesa contro i missili lanciati dagli Usa o da altri su queste basi aeree destinate a essere operative molto presto”.

Secondo il pool di esperti a stelle e strisce, sugli isolotti di Fiery Cross, Mischief e Subi, nelle Spratly, sono state rilevate costruzioni identiche a forma esagonale da giugno e da luglio. Strutture che secondo gli esperti sembrano nascondere grandi batterie di cannoni anti-aerei e mitragliatrici anti-missile a corto raggio. “Le istallazioni di questi cannoni e mitragliatrici dimostrano che Pechino è seria nella difesa delle sue isole artificiali in caso di un attacco armato nel Mar Cinese Meridionale”, si legge ancora nel rapporto.

Il portavoce del Dipartimento di Stato americano John Kirby ha evitato commenti sul rapporto, definito “una questione da intelligence. Dovreste consultare – ha aggiunto – il governo cinese per sapere cosa queste immagini possano significare o non significare. Noi abbiamo costantemente invitato la Cina e gli altri Paesi a impegnarsi in una pacifica soluzione delle dispute evitando ulteriori rivendicazioni territoriali, costruzioni, nuovi impianti e la militarizzazione”.

Lo scorso luglio, la Corte Permanente di arbitrato dell’Aja, accogliendo un ricorso del precedente presidente filippino, aveva decretato che le rivendicazioni della Cina sul 90 per cento del Mar Cinese Meridionale non hanno nessuna base storica né alcuna giustificazione legale. Decisione che non è piaciuta molto ai vertici cinesi, che hanno dichiarato di considerare la sentenza dei giudici dell’Aja “carta straccia”.