Iran, scontri e proteste contro il carovita

Iran nel caos. Infatti, dalla serata di venerdì 15 novembre, nel Paese sono esplosi scontri e manifestazioni a causa del carovita deciso dal governo. La situazione è particolarmente critica nelle città di Shiraz, Sirjan, Mashhad, Ahvaz, Gachsaran e Badar Abbas. La notizia è stata segnalata dall'agenzia Irna. 

Le proteste

In queste località, molte persone si sono riversate nelle strade con le auto, hanno spento i motori, bloccando la circolazione e hanno iniziato a suonare i clacson. L'accesso a Internet è stato ridotto dalla scorsa notte. Circolano anche notizie sull'uccisione di un manifestante a Sirjan, ma la notizia non è stata confermata. Nella stessa città nella provincia di Kerman è stata incendiata una stazione di servizio. La polizia antisommossa si è scontrata con i manifestanti in mote città tra cui Mashhad, dove gli agenti hanno lanciato anche gas lacrimogeni contro i manifestanti. Diversi video pubblicati sui socail mostrano manifestanti affollare le strade scandendo slogan: “Chi dice che il nostro nemico sono gli Usa, il nostro nemico è qui“, “Siamo esausti”, o ancora “Dittatore, vergogna su di te, lascia il Paese”. 

Razionamenti e aumento dei prezzi

Le proteste e le manifestazioni sono iniziate dopo l'annuncio fatto dal governo del razionamento del petrolio e l'aumento dei prezzi, che ha annunciato che utilizzerà le entrate per aumentare i sussidi ai bisognosi, che il presidente Hassan Rohani ha recentemente stimato in 18 milioni di persone. Ogni persona potrà avere al massimo 60 litri di carburante al mese, riferisce l'agenzia Irna, sottolineando che il prezzo della benzina è aumentato a 15.000 Rial (12,7 centesimi di dollaro Usa) da 10.000 Rial, e per ogni acquisto aggiuntivo si dovrà pagare 30.000 Rial per litro. La decisione di razionare il petrolio e di alzare i prezzi, oltre che per aiutare i bisognosi, è stata presa per impedire il traffico di combustibile verso i Paesi vicini, dato che l'Iran ha i prezzi più bassi al mondo a causa dei forti sussidi e della caduta della valuta nazionale dovuta alle sanzioni statunitensi imposte all'industria petrolifea iraniana dal 2018.