“Io, inviata in Venezuela, vi racconto cosa ho visto”

Sono andata in Venezuela per capire. Da lontano non riesci a percepire bene cosa stia accadendo“. Marilù Lucrezio – che per il Tg1 ha seguito alcune delle fasi più calde della crisi politica, economica e sociale in cui è caduto il Paese sudamericano – ora lo sa. E a In Terris lo racconta con l'obiettività del cronista, super partes rispetto ai protagonisti – Nicolas Maduro da un lato e Juan Guaidò dall'altro – ma immerso nella vita reale di un popolo diviso, che fra mille sofferenze s'interroga sul suo futuro. 

Che situazione hai trovato?
“A livello sociale è un Paese diviso. Ci sono innanzitutto i ricchi. Non li vedi ma capisci che questo benessere esiste: nei quartieri pieni di palazzi e traffico, nei complessi residenziali dotati di sbarra e guardia privata, circondati da supermercati stracarichi di cibo di ogni tipo. Ti dici: 'Ma allora non stanno messi così male..'. Poi passi nelle zone popolari e la situazione cambia…”

Come?
“Gli scaffali dei supermarket, in questo caso, sono vuoti. Attenzione: sto parlando di zone dove vive il ceto medio. In Venezuela un medico guadagna l'equivalente di 9 dollari al mese, un'insegnante italiana che ho intervistato prende 6 dollari di stipendio. In queste condizioni la carne è un lusso. E, infatti, mangiano più che altro farinacei, legumi, platano e molta verdura, che comprano nei mercati rionali, sempre affollati”. 

Con i figli come si regolano?
“Li mandano a vivere all'estero. Non soltanto per mancanza di prospettive ma anche per motivi di sicurezza. Continuano, infatti, a esserci tanti sequestri lampo, che non riguardano solo i ricchi: basta percepire uno stipendio, anche minimo, per essere a rischio. La meta più ambita sono gli Stati Uniti, ma anche la Spagna, in particolare per chi ha la doppia cittadinanza. Ho visto poi tante persone in fila davanti al consolato italiano per chiedere il passaporto. Sono preoccupati dalla possibilità che si possano verificare scontri armati…”

Hai avvertito il rischio di una guerra civile?
“Gli analisti del luogo con cui ho parlato escludono questo scenario. Sono convinti che, alla fine, la diplomazia avrà la meglio. Però basta che qualcuno inizi a sparare perché la situazione precipiti. Non a caso Maduro ha avviato una grande esercitazione militare. Teme un attacco americano, dice che a Trump interessa il Venezuela solo per il petrolio”. 

 E il popolo con chi sta, con Maduro o con Guaidò?
“Sono divisi. Guaidò è sostenuto soprattutto dal ceto medio: dai medici, dagli ingegneri, dai docenti e così via. Vogliono una vita più dignitosa: con uno stipendio medio di 10 dollari al mese non riescono a fare niente, non possono nemmeno andare a trovare i figli che vivono all'estero. Il leader dell'opposizione per loro rappresenta il cambiamento. Diversa è la posizione di chi vive nei barrios…”

Cioè i poveri, la terza, grande, fascia di popolazione… 
“Esatto. Vivono in zone che somigliano alle favelas brasiliane. A Caracas ce ne sono tantissime: palazzi lussuosi e barrios si alternano di continuo. Ecco, nei quartieri più poveri sono tutti pro Maduro”.

Perché?
“Perché c'è un forte stato sociale che li aiuta. Maduro ha introdotto, ad esempio, il 'Carnet della Patria', una ricaricabile su cui viene accreditato un assegno periodico destinato ai bisognosi. Anche l'accesso alle case popolari, bellissime va detto, è aperto a tutti. In più ogni mese alle famiglie viene inviata una scatola con beni di prima necessità. Senza dimenticare la benzina a prezzi stracciati, le università e la sanità gratuite. A proposito, negli ospedali ho trovato delle situazioni strazianti…”

Marilù Lucrezio con una donna venezuelana

Racconta, se vuoi…
“Sono vuoti, ormai li usano solo per le emergenze. E questo perché la crisi impone delle scelte e a rimetterci è quasi sempre la prevenzione. Mancano i farmaci per curare le malattie gravi, sono a corto di insulina ad esempio. Nei reparti di oncologia pediatrica ho parlato con i medici: dicono che, eseguendo l'intero ciclo di chemio, guarisce l'85% dei bambini. Solo che non riescono a concludere le cure e questi ragazzini muoiono”. 

Chi sostiene Maduro si è fatto un'idea sulle responsabilità per quanto sta avvenendo?
“Dicono che la colpa è del dollaro, dell'inflazione. Il bolivar, la loro moneta, di fatto non vale nulla. E sostengono che lo stesso Maduro sia stato vittima di questa situazione. Per questo hanno anche promosso, per tutto il mese di febbraio, una petizione in suo favore nelle principali piazze delle città venezuelane, raccogliendo, sinora, 2 milioni di firme”. 

Guaidò, invece, hai avuto modo di conoscerlo?
“Ho assistito a una sua conferenza, gli ho fatto alcune domande sul governo italiano che non voleva riconoscerlo come presidente ad interim. Lui e la sua famiglia sono molto religiosi…”

Lo dimostra la recita del Rosario nella nella chiesa di “Nostra Signora del Guadalupe”…
“Ero lì. La preghiera era guidata da Fabiana, la moglie. E' stata un'esperienza commovente: la chiesa era piena. L'arrivo di Guaidò, insieme alla moglie, alla figlia e alla madre, è stato accolto da un'ovazione. Ha assistito alla messa e pregato per il suo Paese. Il parroco gli ha donato un quadro di Gesù”. 

Di Caracas cosa ti ha colpito?
“Innanzitutto la totale assenza di turismo: ho girato tanto ma non mi era mai capitato di vedere un aeroporto vuoto, con tutti i negozi chiusi. Un'atmosfera spettrale, interrotta, di tanto in tanto, dal pianto dei giovani che partivano per viaggi di sola andata. Mi ha colpito, poi, la pericolosità di Caracas. In città dopo una certa ora scatta il coprifuoco. Gli abitanti hanno paura di essere rapiti, derubati, uccisi. Criminali armati aspettano i negozianti fuori dai locali e li sequestrano per portarli o davanti a uno sportello bancomat per farsi consegnare il denaro o nei loro covi chiedendo poi un riscatto alle famiglie. La vita non vale niente. Ho intervistato una ragazza che aveva un collarino ortopedico perché il giorno prima era stata aggredita, sbattuta a terra e rapinata”.

Hai avuto paura?
“No perché sono abituata. Sono stata in zone di conflitto come Gaza, Afghanistan e Libia. Ero guardinga, ma senza scorta, mi accompagnava la gente del posto. Stavo poi attenta a usare poco il cellulare in giro per evitare di essere rapinata”. 

La comunità italiana come ha vissuto il tentennamento del nostro Paese sulla questione venezuelana?
“Erano abbastanza delusi e sperano che l'Italia abbia una posizione più netta. Il Parlamento ha votato affinché si tengano elezioni libere, perché non si può imporre un presidente piuttosto che un altro in uno Stato sovrano. E' una situazione difficile: Maduro è disposto a concedere, al massimo, che si torni a votare per il rinnovo dell'Assemblea nazionale. Io spero solo che il tutto non si risolva con uno spargimento di sangue. Questo popolo ha già patito troppo, non si merita anche i morti”.