Interrogati Sessions e Comey

Prosegue senza sosta l'indagine del procuratore speciale Robert Mueller sulle interferenze russe durante le presidenziali americane. Come riportato dal 'New York Times', la scorsa settimana gli uomini del superprocuratore hanno sottoposto a interrogatorio il ministro della Giustizia, Jeff Sessions, a colloquio con gli investigatori per diverse ore: l'Attorney general è stato il primo membro dello staff governativo a essere chiamato a esporre dagli agenti del bureau e a darne conferma, sempre stando a quanto riportato dal 'Nyt', è stata una portavoce del Dipartimento della Giustizia. La figura di Jeff Sessions risulta essere una delle più importanti nell'ambito dell'inchiesta sul Russiagate: quasi un anno fa, nel marzo 2017, emerse la sua partecipazione a due incontri con l'ambasciatore russo Sergei Kyslyak, all'epoca delegato negli Stati Uniti, entrambi avvenuti in fase di campagna elettorale.

La situazione

L'Attorney general era finito, negli ultimi tempi, al centro di un rapporto piuttosto turbolento con il presidente Trump, incrinato dalla volontà di Sessions di non farsi carico dell'indagine sul Russiagate, decisione che, secondo il Tycoon, avrebbe costretto la presidenza ad accettare la figura di Mueller. D'altronde, secondo quanto emerso nel corso dell'indagine, il ministro avrebbe partecipato alla riunione dei vertici di Washington nella quale si decise la rimozione di James Comey (anch'egli, secondo quanto riportato dai media statunitensi, chiamato da Mueller per essere sottoposto a interrogatorio). Il ricuso dell'inchiesta da parte di Sessions, anche per questo, provocò la reazione furiosa del presidente: da parte sua, il ministro aveva posto come giustificazione la stessa legge statunitense che impone a un membro del Dipartimento di non farsi carico di indagini su una campagna elettorale alla quale ha partecipato (Sessions curò il settore esteri, compito che lo portò a intrattenere un paio di colloqui coi russi). Inoltre, l'Attorney avrebbe presenziato anche al vertice nel quale il consigliere Papadopoulos propose a Trump, in piena campagna elettorale, un meeting con il presidente Putin.

Il caso McCabe

Nel frattempo, la tensione fra Fbi e Casa Bianca continua a mantenersi elevata. Nelle ultime ore, infatti, è rimbalzata la voce che vorrebbe l'amministrazione americana, Trump in testa, a far pressione sul direttore del Bureau, Christopher Wray, affinché licenzi alcuni dei suoi collaboratori più fidati, in primis il suo braccio destro Andrew McCabe. Richieste implicite che, però, sarebbero già state rispedite al mittente da parte di Wray, il quale avrebbe minacciato di lasciare l'incarico qualora saltasse il posto di McCabe. Il vicedirettore, a quanto pare, sarebbe finito nel mirino in virtù dei suoi rapporti con il predecessore di Wray, Comey, e per questo oggetto di una pioggia di tweet critici da parte del presidente. La reazione del direttore dell'Fbi, però, ha convinto Sessions ad ammorbidire la sua posizione, anche e soprattutto in virtù dell'intervento del legale Donald McGahn: a questo punto, la partita si gioca tra pressioni dalla Casa Bianca e resistenza strenua della dirigenza del bureau, in attesa di capire cosa emergerà dai due interrogatori eccellenti delle ultime ore.