In 20,5 milioni alle urne, Maduro strafavorito

E'stato fra i primi a votare Nicolas Maduro, presidente in carica del Venezuela e strafavorito in una tornata elettorale che ha visto la disertazione (quasi) in blocco delle opposizioni. Il leader del Paese si è recato alle urne poco dopo l’apertura dei seggi, rivendicando il suo ruolo e la leggitimità delle elezioni: “Possono dire quello che vogliono di me, ma che dicano che il Venezuela è una dittatura è un'offesa al popolo”. Una versione che non ha convinto gli Stati Uniti i quali, attraverso la portavoce del Dipartimento di stato americano, Heather Nauert, ha fatto sapere che “le cosiddette elezioni di oggi in Venezuela non sono legittime” e che gli Usa “sono al fianco delle nazioni democratiche nel mondo in sostegno del popolo venezuelano e del loro diritto sovrano ad eleggere i propri rappresentanti attraverso elezioni libere e corrette”. Va ricordato che la legge che vieta la propaganda politica incitante alla guerra, voluta da Maduro, ha fortemente limitato anche quella dei pochissimi sfidanti, i quali hanno goduto solo di qualche minuto al giorno per poter tenere i loro comizi.

Al voto nel disastro

E' stato il giorno del voto in Venezuela, con i cittadini chiamati a dire la loro davanti a una scheda che vedrà l'assenza delle principali forze d'opposizione, decise a boicottare in blocco le elezioni che, inizialmente, erano fissate per il 22 aprile. Il blocco della Mesa de la Unidad democratica (Mud), che ha riunito gli schieramenti anti-Maduro più forti, come annunciato non saranno ai nastri di partenza, dove si presenterà invece Henri Falcòn, l'ex governatore chavista reduce dalla Mud (espulso) e presentatosi al voto dietro la promessa di abbattere l'inflazione che da anni rende il Venezuela il Paese più problematico del Sudamerica. Il presidente uscente Nicolas Maduro, dal 2013 sulla poltrona presidenziale, è leader di un Paese che, in 5 anni, ha visto il suo tasso d'inflazione abbassare il salario minimo operaio all'equivalente di 3 dollari al mese (meno di 1,7 euro), il Pil decrescere del 31,9% e la produzione di greggio (che vale oltre il 90% degli introiti nazionali) crollare ai minimi da trent'anni a questa parte, anche a causa del cambiamento subito dai mercati internazionali.

Un Paese difficile

La strategia di Maduro, trovatosi a fronteggiare (a partire dal 2013) una crisi economica fra le peggiori a livello mondiale, si è concretizzata di fatto nell'autoconferimento di una sorta di plenipotenziarietà presidenziale, con privazione dei poteri legislativi al Parlamento (controllato dalle opposizioni) per assegnarli a un’Assemblea costituente. Una mossa che l'opposizione non ha accettato di buon grado, disertando le amministrative seguenti e consegnando a Maduro una larghissima vittoria. A oggi, la situazione in Venezuela è ancora di forte recessione, con migliaia di esodi al giorno (soprattutto in Brasile e in Colombia) e tensioni politiche costanti: lo scorso anno, le proteste anti-Maduro avevano portato alla morte di centinaia di manifestanti, alimentando il dissenso della Comunità internazionale e dell'Omi nei confronti del presidente, il quale aveva interpretato il malcontento popolare come una mossa di alcuni Paesi stranieri che avrebbero avuto intenzione di rimuoverlo dalla sua carica.

Falcòn sfida Maduro

Le urne saranno aperte dalle 6 ore locali (mezzogiorno in Italia) e al voto saranno chiamati 20,5 milioni di venezuelani. I sondaggi della vigilia si sbilanciano fortemente in direzione di una facile rielezione per il presidente uscente ed erede politico di Hugo Chavez che, in caso, resterebbe al potere fino al 2024. Il suo rivale, Henri Falcòn, è un ex membro del Partito Socialista Unito di Maduro ed è presidente del partito di Centrosinistra Avanzada Progresista (Ap). Ex sindaco di Barquisimeto, Falcòn ha inizialmente fatto parte del blocco di opposizione della Mud, dalla quale è stato espulso dopo aver accettato di correre alle presidenziali.